di Fabio Massimo Nicosia
Robert Nozick è probabilmente l’ultimo dei grandi filosofi politici. Insieme a John Rawls, il filosofo di Harvard ha animato il dibattito culturale nell’ambito del pensiero politico negli ultimi cinquant’anni, e il riferimento alle sue proposte è in grado tuttora di suscitare riflessioni nuove e attuali. Senonché, la sua proposta è costellata di errori, e trattandosi di autore geniale, si tratta di errori geniali, che quindi meritano di essere presi in considerazione per essere confutati con le dovute serietà e attenzione.
Nella prima parte del suo lavoro “Anarchia, Stato e Utopia”, Nozick prende di petto la proposta anarco-capitalista di potere fare a meno dello Stato, per affidare al mercato ogni tipo di servizio, compreso quello della protezione, e cerca di fornire una spiegazione, se non esattamente una giustificazione, di come lo Stato possa “legittimamente” scaturire dalle dinamiche di mercato, uno Stato che poi, nei suoi voti, dovrebbe rimanere “minimo”, in quanto “limitato” ai servizi di protezione e di giustizia, fondamentalmente a salvaguardia dei titoli di proprietà, fatto salvo che, in un momento successivo dell’opera, il suo approccio alla questione del fondamento dei titoli di proprietà diviene problematico e piuttosto critico.
Nozick immagina che, in una situazione simile allo stato di natura di Locke, assunta come analoga a un’ipotesi anarco-capitalista, viga un sistema concorrenziale di “agenzie di protezione”, ma che vi siano anche una serie di soggetti, i quali non siano clienti di alcuna agenzia, gli “indipendenti”, presentati come dei free riders del sistema, ai quali l’”agenzia dominante” sul mercato impedisca l’esercizio della giustizia privata, sulla base della supposta pericolosità delle loro procedure, che però viene assunta come presupposta, mentre da un punto di vista logico non si può escludere che un indipendente segua procedure corrette, o che non eserciti affatto alcuna giustizia privata.
Ponendo in essere un simile atto, che può essere descritto come anticoncorrenziale, l’”agenzia dominante” darebbe così vita, in effetti, a una fattispecie di abuso di posizione dominante, fino a costituirsi, afferma Nozick, vincendo sui concorrenti, in monopolio di fatto. Un simile monopolio di fatto, il quale concentri in proprie mani tutte le armi, possiede però un formidabile incentivo a divenire monopolio di diritto (diritto da sé medesimo posto), tant’è che, nella descrizione di Nozick, l’agenzia dominante trasmuta in “Stato ultraminimo”, il quale però non è ancora una Stato vero e proprio, dato che fornisce servizi solo agli acquirenti delle sue polizze, e quindi si muove ancora apertamente nell’ambito del diritto privato e delle regole di mercato, pur con il vizio genetico di avere eliminato con la forza la concorrenza degli indipendenti.
A questo punto, scatta un significativo salto di qualità, perché, visto che stiamo parlando di un soggetto dominante -nella mia lettura, dominante e abusante, quindi già di per sé illegale- nell’esercizio del servizio di protezione, vien da chiedersi quale sia la natura giuridico-economica di tale servizio; ebbene, secondo Nozick il servizio di protezione rappresenta un servizio indivisibile, quindi saremmo di fronte a un bene pubblico; ora, il fatto che un servizio di protezione sia indivisibile è ampiamente opinabile, dato che un simile servizio viene svolto con l’impiego di determinati mezzi, che vanno dalle armi agli automezzi, che possono essere distribuiti sul territorio in modo assai dissimile, tal per cui certe zone siano totalmente trascurate, mentre in altre vi sia ampia concentrazione di mezzi; d’altra parte, l’esistenza stessa di agenzie private in tale settore sta a dimostrare che ognuno è in grado di acquistare sul mercato le quote di servizio di protezione che desidera, o comunque di organizzarsi autonomamente e in autogestione comunitaria, impiegando risorse differenziate nel servizio: in altri termini, è falso che un servizio di protezione impatti in modo identico su tutti indivisibilmente e senza rivalità nel consumo, tal per cui si possa davvero parlare tecnicamente di un bene pubblico, quando abbiamo appena visto che la rivalità nel consumo di un simile servizio è invece molto ampia, proprio perché le allocazioni degli armamenti e degli automezzi sul territorio possono essere le più svariate, a vantaggio ad esempio di un determinato quartiere e a detrimento di un altro.
Ora, tale controversia è di grande rilevanza, perché Nozick, dalla natura di bene pubblico del servizio di protezione ricava una conseguenza estremamente delicata e sensibile, vale a dire che lo Stato ultraminimo, in realtà, non stia svolgendo il servizio solo a vantaggio dei propri clienti, ma a vantaggio di tutti indivisibilmente, il che gli consente di proclamarsi “Stato” (minimo) vero e proprio, in quanto tutti e ciascuno sono fruitori del suo servizio; e in che modo ciò avviene, secondo Nozick? Stabilendo nientedimeno che sullo Stato ultraminimo graverebbe un cosiddetto “obbligo morale” a fornire a tutti, ossia anche ai non clienti, il servizio supposto pubblico in questione, e quindi anche agli indipendenti, ai quali era stato proibito l’esercizio della giustizia privata.
E allora veniamo al punto: secondo Nozick, quella originaria proibizione verrebbe “risarcita” mediante la prestazione in loro favore del servizio di protezione: ricevere questo servizio sarebbe, per gli indipendenti, un beneficio, e quindi funzionerebbe in termini indennitari nei loro confronti. Senonché un risarcimento deve andare a certo vantaggio del danneggiato, non a suo svantaggio; invece qui siamo di fronte al cumulo di due svantaggi: la proibizione dell’esercizio della giustizia privata e l’imposizione di un servizio non richiesto –il giudizio se le esternalità siano da considerarsi positive o negative è soggettivo-, a pretesa compensazione di quella primitiva proibizione. Non si comprende, infatti, come l’autore del danno possa stabilire unilateralmente il contenuto della prestazione risarcitoria, indipendentemente dalle preferenze del danneggiato che andrebbe risarcito.
A questo punto, se tale presunto risarcimento vale a fondare la validità della proibizione iniziale, sarebbe stato preferibile che gli indipendenti fossero stati risarciti in moneta: medium universale, che avrebbe consentito loro di scegliere sul mercato, sulla base delle loro effettive preferenze, in quale modo, con quali beni della vita, riparare il danno subito. Ciò in quanto le persone sono titolari di scale di preferenze diverse, mentre Nozick presume che tutti accettino di buon grado, quale risarcimento, un servizio di protezione armato che potrebbe essere non gradito loro (ad esempio in quanto pacifisti nonviolenti), nel senso che qualcuno potrebbe ritenere negativa quell’esternalità, che Nozick dà per scontato sia considerata positiva da tutti.
Sicché, in definitiva, l’agenzia dominante, nel suo processo di trasformazione in Stato minimo, finisce con l’esercitare coercizione verso gli indipendenti due volte: quando proibisce, e quando impone una modalità risarcitoria non richiesta, che potrebbe essere ritenuta addirittura dannosa: protezione e oppressione si identificano e si sovrappongono, perché l’indivisibilità, se c’è, vale anche da tale punto di vista, data l’ambivalenza dello strumento dell’arma, che, così come può essere utilizzato a tuo vantaggio, senza difficoltà può essere invece volto in tuo danno: si tratta infatti di delegare l’armamento a qualcuno, e quindi legarsi mani e piedi a lui, una volta che gli hai delegato l’uso delle armi, ivi comprese quelle pesanti, che si presume invece fossero assenti nelle mani degli indipendenti. In realtà, poi, a ben vedere, la coercizione che viene in rilievo è triplice, dato che lo Stato minimo viene legittimato alla riscossione fiscale per finanziare il proprio servizio.
Ecco allora emergere qui con nettezza quella che chiamo la “Trappola di Robert Nozick”, quella per cui il risarcimento per l’atto dannoso subito è rappresentato dall’atto dannoso stesso, proposto sotto una diversa luce e veste, edulcorata, che consenta di proporre come risarcimento quello che è un danno, quando non addirittura un doppio o triplo danno, ossia il raddoppio o la triplicazione del danno originario, dato che questo viene accompagnato da un atto lesivo aggiuntivo, rivestito retoricamente appunto come risarcimento del danno originario subito. Il punto che non resta spiegato è che, in realtà, attraverso il percorso descritto, si viene a costituire uno Stato privato e di diritto privato, che trasmuterebbe in “pubblico” esclusivamente in quanto a un certo punto esso ritiene di essere legittimato all’esercizio della coercizione; salvo che non è affatto chiaro donde tale legittimazione in realtà scaturisca, se non dall’opinabilissima affermazione che ci troveremmo di fronte all’esercizio di un bene pubblico, il che avrebbe la conseguenza, alquanto fallace dal punto di vista della legge di Hume, di legittimare la coercizione per il sol fatto che si stia esercitando un bene pubblico, quali che siano stata poi le procedure, a mio avviso qui viziate, per giungere all’esercizio di quel bene pubblico: in realtà, il soggetto privato originario, l’agenzia dominante, che giunge alla fine del processo a farsi Stato, resta fino alla fine un soggetto di diritto privato, il quale finisce con l’autolegittimarsi a esercitare la coercizione pur rimanendo di fatto privato, che può essere considerato come operante una transustanziazione in pubblico solo in quanto soggetto abusante, confermando l’antica tesi di Grozio, per la quale la storia del diritto pubblico è solo la storia degli abusi e delle usurpazioni.
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