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venerdì 28 luglio 2023

A proposito dell'uso dell'espressione "neo-liberale" (o "neo-liberista")

di Fabio Massimo Nicosia 

Sono stato rimproverato dal segretario del Partito Libertario per avere utilizzato l'espressione "neo-liberale" nella descrizione di un certo sistema politico-economico, giacché egli afferma, come altri, che il neo-liberalismo e il neo-liberismo sarebbero entità non esistenti, dato che non vi sarebbe nulla di liberale o liberista in quei sistemi, e si tratterebbe di termini di uso fusariano privi di valore euristico.


Ora, premesso che Fusaro è spesso ingiustamente oggetto di strali, dato che non dimentichiamo che in fondo il buon uomo è stato collaboratore dei volumoni di filosofia Bompiani con Giovanni Reale, e in fondo è stato altresì divulgatore delle tesi eterodosse e utili di Costanzo Preve, va detto che il segretario del Partito Libertario ha torti e ragioni.

I torti consistono nel fatto che egli trasferisce una polemica nostrana sui difetti liberali del nostro sistema al livello del dibattito internazionale, posto che "neoliberal" è termine tecnico riconosciuto ovunque per indicare, a torto o a ragione -ma nelle questioni semantiche non esistono torti e ragioni-, un certo fenomeno storico, quindi o troviamo un altro termine o usiamo quello.

Ovunque, per "neoliberalism" si intende, da un lato, quel filone storico politico che si fa iniziare dalla Thatcher e da Reagan, ai quali alcuni aggiungono Deng-Xiao Ping (che anzi verrebbe addirittura prima degli altri due) e Pinochet, sia pure con altri contesti, caratterizzato o da privatizzazioni o da esaltazioni comunque del ruolo dell'impresa privata nell'economia, filone storico politico che, culturalmente, viene ricondotto alla Mont Pelerin Society, e quindi agli austriaci Mises e Hayek (per quanto Mises mi risulta che non fosse molto soddisfatto del gruppo), e poi a Milton Friedman, oltre che agli ordoliberali tedeschi, ai quali alcuni aggiungono come mentore filosofico-politico Robert Nozick. A mio avviso, Nozick non c'entra un cazzo col neoliberismo, trattandosi di un criptocomunista, che era pure favorevole alla dittatura di stampo leniniano per la rettificazione in senso legittimo, ossia comprensivo del lockean proviso, dei titoli di proprietà vigenti (nessuno lo sa, dato che nessuno davvero legge Nozick, tutti fanno riferimento a quei manualetti del cazzo che si usano all'università).

Dall'altro lato, per neo-liberismo si intende un certo tipo di politica genericamente o specificamente ordoliberale, come quella dell'Unione Europea, caratterizzata da mobilità dei capitali anche verso l'esterno, quindi con svalutazione interna (ribasso salari), esaltazione perciò della globalizzazione, nonché in particolare, pallino degli ordoliberali tedeschi, una banca centrale di tecnici indipendente dalla politica (e infatti abbiamo la BCE). Se poi il coerente libertario mi dice che la BCE è un monopolio para-statale, e quindi non può essere definita espressione di autentico liberalismo o liberismo, io gli do ragione, ma da nessuna parte è scritto che il liberalismo abbia mai deciso di fare a meno dello Stato e del para-stato, non è colpa mia se chi si definisce liberale poi non lo è davvero, mica gli posso cambiare il nome che si dà da solo per questo: è un po' la storia del socialismo che non è mai davvero socialismo, "quello non è vero socialismo", e quindi questo "non è vero liberalismo", vabbé; qui si rischia di confondere il liberalismo con l'anarco-capitalismo, per cui rifiutiamo l'etichetta di liberale a tutto ciò che non è coerente anarco-capitalismo.

Il compagno segretario ha invece ragione in un senso più ampio, nel senso che anch'io mi sono seccato di leggere libri in cui ogni tre per due c'è scritto "neo-liberismo" nel momento stesso in cui si descrivono fenomeni para-statali.

d esempio, ho finito uora uora di leggere un libretto di tale Kevin Danaher contro il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, libretto che condivido in toto nel merito, ma in cui mi ha disturbato che ci sono più "neo-liberismi" che virgole, proprio mentre descrive il fatto -e lo riconosce come tale!- che tale neo-liberismo della globalizzazione in realtà è solo un grande neo-mercantilismo, in cui le "corporations" sono tutte più o meno concessionari pubblici, e in cui la depredazione "neo-liberista" delle risorse naturali del terzo mondo avviene attraverso finanziamenti pubblici, scelte dei governi occidentali in combutta con quelli locali, e le "corporations" che fanno man bassa sotto la protezione del Fondo Monetario Internazionale della Banca Mondiale.

Insomma, siamo di fronte chiaramente a fenomeni di banditi e di criminalità organizzata mondiale, poi chiamatela liberismo o altrimenti questo resta.

Secondo me il termine corretto sarebbe appunto neo-mercantilismo, per ricordare i tempi delle compagnie delle Indie, in cui erano i sovrani a farsi "capitalisti" con la forza sovrana dello Stato, il colonialismo e la depredazione.


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