di Fabio Massimo Nicosia
Stando a Hobbes, si direbbe che la funzione fondamentale dello Stato sia di tutelare la proprietà privata e di impedire il comunismo naturale, sulla base di una descrizione catastrofica del comunismo stesso, come luogo disorganizzato della guerra di tutti contro tutti per l’accaparramento personale di quote a piacere delle risorse comuni, in una sorta di tragedy of commons, conseguente a una lettura estremamente pessimista del dilemma del prigioniero, per cui, dato un buffet, tutti si abbufferebbero, prelevando tartine in sovrabbondanza come nei film di Lino Banfi, senza mai curarsi delle esigenze in tartine degli altri: gli uomini sarebbero quindi incapaci di amministrare con la diligenza del buon padre di famiglia le risorse comuni, dato che il dilemma del prigioniero impedisce loro di accordarsi sul rispetto delle regole di retta ragione; il dilemma del prigioniero è quella particolare situazione, per la quale nessuno fa il primo passo nella direzione dell’adempimento, dato che teme così di consegnarsi al nemico (la controparte contrattuale sarebbe un nemico: è Hobbes, non Schmitt, a parlare), nel senso che l’altro incameri quanto conferito senza adempiere a propria volta: infatti, nello stato di natura, la panettiera non consegna mai il pacchetto del pane alla massaia, la quale a sua volta non consegna mai alla panettiera i cinque euro, dato che intanto sta aspettando la consegna, che non arriverà mai, del sacchetto del pane.
E tuttavia, per qualche strano miracolo non bene motivato
nei presupposti dal filosofo, l’immanenza del dilemma del prigioniero non
costituirebbe invece ostacolo a che tutte le parti, superando costi di
transazione infiniti, si accordino a che sia costituita un’autorità loro
superiore, in quanto unico modo perché titoli di proprietà e patti di mercato
siano poi fatti rispettare, stante l’incapacità degli uomini di rispettarli
spontaneamente, in quanto patologicamente soggiogati dal terrore irrazionale che,
adempiendo per primi, l’altro sistematicamente non adempierà e ci lascerà di default
in mano il classico pacco con il videoregistratore di cartone: come dire che
noi contrattiamo sempre e solo con imbroglioni e treccartari; pare infatti che Hobbes abbia concepito la sua idea di stato di natura a
seguito di un viaggio a Napoli: avendo egli contrattato con uno scugnizzo l’acquisto
di un videoregistratore, ed essendosi trovato invece in mano, all’apertura del
pacco, un parallelepipedo di legno e cartone, ne ricavò che gli uomini sono
restii ad adempiere correttamente ai patti: da qui l'idea della necessità della
costituzione di un Leviatano (peraltro affidata a un patto sempre con quegli
scugnizzi)
E infatti tutti questi imbroglioni sarebbero poi
talmente maturi e responsabili, da comprendere che la propria vita di imbrogli
vada superata una volta per tutte e per sempre, e quindi talmente maturi e
responsabili da comprendere quanto sia indispensabile per il loro bene accordarsi
(nonostante il dilemma del prigioniero), rispettando poi l’accordo (sempre
nonostante il dilemma del prigioniero), per la costituzione di un’autorità a
tutti superiore, la quale sia poi in grado di fare rispettare i patti dalla
propria situazione di supremazia; è possibile che le parti rispettino poi il
patto di assoggettarsi all’autorità, una volta costituita, semplicemente perché
all’istituzione dell’autorità si accompagna immediato e simultaneo l’insediamento
della stessa in termini di effettività, e quindi in modo tale che l’autorità sia
in grado di punire senza ritardo ogni defezione da parte dell’imbroglione irriducibilmente
tale; tuttavia, resta insuperata la questione che soggetti, incapaci di
rispettare banali patti di mercato, siano poi in grado di dare vita a un grande
patto collettivo, che determini la loro subordinazione a un’autorità
coercitiva, il che comporta da parte loro un livello elevato di razionalità,
diciamo un’iper-razionalità, in un quadro in cui si era appena sottolineata la radicale
irrazionalità dei soggetti stessi, visto che sarebbero incapaci di rispettare
patti minimali, in quanto paralizzati dall’assurdo terrore che la controparte
contrattuale non adempi mai per sistema per prima al patto stipulato: la
coercizione troverebbe quindi legittimazione nell’incapacità degli uomini di darsi
e rispettare regole, e però la coercizione stessa si fonderebbe sulla capacità
contraddittoria degli uomini di darsi la ben più sottile meta-regola di
costituire l’autorità, la quale imporrà poi loro il rispetto delle regole.
Non va sottovalutato il fatto che, essendo il Leviatano
di Hobbes pur sempre il frutto di un patto tra imbroglioni, il Leviatano stesso
sarà frutto di un pactum sceleris e inevitabilmente conserverà i segni
di questa genesi di un patto tra illegali e irregolari, e quindi il Leviatano
stesso, lo Stato, diventerà inevitabilmente la sede dove un novero ampio di quegli
imbroglioni cercherà di effettuare scorrerie a rinforzo del proprio potere e
del proprio, formalmente rinunciato, “diritto a tutto”, che lo stato di natura
concedeva loro e che lo Stato, in teoria, ha loro negato, mentre nella pratica
rischia di aver loro donato in guisa rafforzata, stante la concentrazione nel Leviatano
stesso di un potere formidabile e irresistibile.
La nostra esperienza storica e politica ci offre
un caso, che per certi versi appare limite e di scuola, vale a dire gli Stati
Uniti d’America, i quali ci appassionano per le loro ricche e fertili
contraddizioni, ivi compreso il fatto che l’uso della forza e della violenza
sembra rappresentare un elemento costitutivo, legale e illegale, irrinunciabile
di quella società, per cui di fatto vi convivono uno stato di natura sovente
ricostruibile in termini hobbeseani, anche per l’uso diffuso che la
cittadinanza fa del II emendamento sul diritto di portare armi, e però anche
uno Stato formale ben poco leggero, quanto a eccessi polizieschi e a rigore
retributivistico carcerario; sotto tale profilo, avere sovrapposto lo Stato a
uno stato di natura non sembra avere eliso la violenza insita in questo, ma
avere sovrapposto alla violenza di questo il contraltare della violenza dello
Stato; gli USA hanno, per altri versi, tanti pregi, comunque tali caratteri
meritano di essere sottolineati.
Stabilito in ogni caso che il genio di Hobbes
partorisce un mostro, ma per la banale ragione che il grande filosofo non se la
sente di affermare che l’autorità coercitiva si impone da sé e per forza propria,
dato che si sente costretto ad affermarne un assurdo fondamento contrattuale
-assurdo non in assoluto, ma in quanto rapportato alle premesse di Hobbes sull’irrazionalità
degli uomini e sulla loro assoluta incapacità di dar vita a patti seri, in
quanto eterni adolescenti, a quanto par di comprendere-, non sfuggirà che il
punto focale di tutta questa vicenda è che stiamo associando l’istituzione di
un sistema giuridico, incaricato di garantire rispetto e pace tra gli uomini, a
un monopolio, il che non è così pacifico e scontato, come invece parrebbe
dalle precedenti narrazioni e, in genere, dalle prospettazioni più classiche e
tradizionali; d’altra parte, quanto deve essere esteso questo monopolio? Perché
ai tempi di Hobbes erano chiari concetti come Francia, Spagna e altre
delimitazioni territoriali; ma se monopolio ha da essere, se il monopolio è
soluzione efficiente, perché non dare vita davvero a un monopolio e a
renderlo mondiale? O forse ci sono delle controindicazioni troppo forti a
questa iper-soluzione, tal per cui poi il concetto stesso del monopolio
politico si viene a intaccare?
La nostra dimestichezza di moderni con il linguaggio
dell’economia ci fa notare subito come noi qui si sia di fronte a un monopolio,
mentre in epoche meno recenti erano meno avvezzi a questo tipo di discussioni,
e quindi accettavano il carattere monopolistico del potere senza eccepire, in
quanto fatto scontato, almeno in un’ottica monoteista -e infatti gli antichi greci,
anche in ragione del loro politeismo, sperimentavano forme politico-giuridiche
anche di tipo diverso-, che se è monopolista Dio sarà monopolista anche il suo
rappresentante in Terra, o chi grosso modo può reputarsi tale o qualcosa del
genere.
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