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martedì 4 aprile 2023

EUROPEITUDINE E AMERICANITUDINE NELLA MUSICA DI FRANK ZAPPA

di Fabio Massimo Nicosia

L'altro giorno ho parlato dei rapporti tra musica di Frank Zappa e rock progressivo inglese, dichiarando, anzitutto, che Zappa va considerato il vero padre del prog (dato che il suo approccio musicale è stato di tipo "totale" fin dalla più tenera età, dato che, in un certo senso, Zappa è stato quasi un enfant prodige), ma affermando al contempo un mio animo pro prog inglese, di tipo sentimentale, più che ideologico o musicologico.

Infatti, siccome diventando grande l'America tende sempe di più a starmi sulle gonadi, non sopporto ormai più di tanto certi rituali para-hollywodiani, quelli in cui le starS tirano fuori tutti i 64 denti rifatti (infatti a 70 anni hanno i denti bianchissimi del numero 1), ostentando e ostendendo altresì i capelli rossi striati di biondo; ovviamente, Zappa non c'entra nulla con siffatti rituali, e d'altra parte i "progressisti liberal" gli stavano sulle balle fin dai tempi di Freak Out e di We're Only in It for the Money.
Il punto è che Zappa, nel momento stesso in cui prendeva per il culo costoro, purtroppo era costretto anche a scendere a patti con il gusto americano e americanoide.
Scendere a Patti è una battuta che i Siciliani, che fanno la complessissima tratta Messina/Palermo, ben conoscono.
Mi è però, nelle more, venuta in mente una cosa, che merita di essere esposta a codesto uditorio.
Vale a dire che, quando ho detto che nello Zappa compositore classico si ravvisa, potente, l'americanitudine, l'ho detto intuitivamente, ma inconsciamente pensavo, ovviamente, a Edgar Varése, che è sempre stato il punto di riferimento, e Anton Webern un po' meno, dello Zappa classico-contemporaneo.
Senonché, mi è venuto in mente altresì che Varése era EUROPEO, ovviamente di origine del varesotto, par di comprendere, e comunque FRANCESE, sia per cognome, sia perché effettivamente nato a Parigi nel 1883: nel 1915, però, se ne va negli USA (ha vissuto pure a Torino).
Ora, la musica di Varése è europea, o ameregana?
Difficile dirlo, perché dovremmo invece farci un'altra domanda: se Varése fosse rimasto in Europa, avrebbe fatto la stessa musica?
La mia risposta è un sonoro NO!
E' vero che le influenze di base di Varése sono dichiaratamente europee, e sono, palesemente, Debussy, da un lato, e i rumoristi futuristi italiani, Russolo e Pratella (parente di mia moglie Rossella Pratella, poi c'è l'altro parente Pratella pittore); Varése, infatti, è un futurista, ma non solo metaforicamente, ma proprio nel senso che a mio avviso va ascritto alla corrente del camerata Marinetti, con i suoi ZUUM BAAAAAM STROOOONG, perché Varése, con gli strumenti e le percussioni soprattutto, anche questo fa, e le sirene e le campane ve le siete dimenticate?
E poi l'altra grande influenza è Strawinsky, la Sagra della Primavera, ovviamente, che è stato il primo brano di musica classica a usare ed abusare (dal mio punto di vista, più se ne abusa, meglio è) di modulazioni metriche, per dirla con Elliott Carter, vale a dire, vulgo, cambiamenti di tempi e di ritmi, oltre che -debussyanamente- a rendere scissi i timbri dei vari strumenti, uscendo dal wagnerismo, ormai divenuto insopportato, del suono compattone dell'orchestra di Bayreuth e dei suoi simpatici imbianchini contro-nietzscheani.
Quei cambiamenti di tempi, che fecero dire al serioso Adorno, che infatti preferiva Schoenberg (che va considerato, non il primo dei nuovi, ma l'ultimo dei vecchi), gli fecero dire che il direttore d'orchestra diventava una specie di burattino, che saltabeccava di qua e di là per indicare le modificazioni di tempo (ciò nella Filosofia della musica moderna, che sono le mie letture dei tempi del liceo, quando non studiavo mai, perché studiavo solo musica contemporanea, e un po' filosofia, l'unica materia in cui arrivavo al 7).
Ora, non vi sarà sfuggito che Zappa è quello che ha introdotto le modulazioni metriche nel rock.
E infatti, la prima cosa che colpiva noi ggggiovani, quando ci accostavamo al prog, era esattamente questo: i continui cambi di ritmi, e più cambiavano, più eravamo contenti.
Ma cavolo, basta sentire due brani della Premiata Forneria Marconi e del Banco del Mutuo Soccorso, per capirlo, per non parlare degli Area e di tutti i gruppi italiani dell'epoca.
Per non parlare appunto degli inglesi: che cosa mi è piaciuto, a 13 anni, nel 1971, e che cosa è piaciuto, al contempo, alla mia donna di servizio, quel giorno, quando ho messo su la cassetta di Tarkus di Emerson, Lake & Palmer, acquistata perché Tarkus era al primo posto della classifica di Sorrisi e Canzoni TV, tanto per dire che tempi erano quelli, mentre i vostri di oggi fanno schifo?
Che cosa ci ha colpito?
Ma cazzo, l'inizio in 5/8, vale a dire un cacchio di TEMPO DISPARI.
E chi ha introdotto i tempi dispari nel rock?
Zappa, sempre ispirandosi a Strawinsky.
O anche in parte i Soft Machine, gruppo sul quale andrebbe fatto un discorso a parte, che parte dai Beatles, passa per la psichedelia, arriva al jazz-rock eccetera.
E quindi, la domanda era se Varése, in Europa, avrebbe fatto la stessa musica, per poi chiederci lo stesso di Zappa, se fosse rimasto suo padre a Partinico (beh, questo mi sembra eccessivo, avendo io visitato Partinico, per parlare con il povero sindaco poi sciolto per mafia, non nel senso che lui è mafioso, ma nel senso che non lo lasciavano lavorare, perché gli facevano trovare le teste di maiale davanti la porta).
Ebbene, Varése non avrebbe fatto la stessa musica, perché anche lui ha fatto, cosciente o incosciente, la satira dell'America, perché tutti quei fiati sparati a mille al cielo, che manco Stan Kenton, sono la parodia del jazz tradizionale, che viene collocato in un missile e sparato ai tempi del free jazz, perché Varése anticipa il free jazz di 50 anni, per lo stridore e il canglore degli ottoni, così come l'uso e l'abuso di percussioni è ameregano e negroide, come si diceva una volta, quando si poteva dire (figa, dovete leggere che cosa diceva Julius Evola dell'America, se vi volete scandalizzare davvero).
E allora, posto che a mio avviso il varesino e parigino Varése sfotte l'America (si veda ovviamente il brano Ameriques, che sembra una cartolina cartonata di New York, tra sirene e campane), Zappa ha fatto lo stesso, perché i famosi cambi di tempo sono in parte europei (Strawinsky), di derivazione folklorica e non classica (dato che Mozart e Beethoven non cambiavano praticamente mai il tempo, ed erano sempre in tempo pari, tranne il 3/4 del walzer, mentre i danzatori di campagna siciliani o ungheresi ballavano in 7/8 o in 5/8), e in parte però anche americana, perché comunque il jazz suggerisce qualcosa di simile (e c'era stato Take Five di Dave Brubeck, che però è bianco e aveva studiato con Darius Milhaud, perché il nero e l'africano mutano il ritmo, ma in un modo diverso, ossia tendono a intrecciare i ritmi, più che a variarli), e soprattutto avevamo già avuto Charles Ives.
Zappa è americano però in un altro senso, quello dei pionieri, della frontiera, di questo tipo di miti, nel senso che si va a inserire in una storia di irregolari, di artisti "matti", gli Ives, appunto, i Varése, appunto, e poi gli Harry Partch, i Colin Nancarrow, gli Henry Cowell, soprattutto, evidentemente, i John Cage: in questo senso Zappa trova la sua collocazione in una storia prettamente americana di sperimentatori (aggiungiamo Carl Ruggles, che pure Zappa una volta citò) e, al fine, Elliott Carter, che Zappa adorava.
Ebbene, Zappa è americano anche nel senso che ho detto l'altra volta: critica lo show-biz, lo disprezza, ma vuole farne parte in proprio, ha bisogno di soldi per i suoi costosi progetti, e in America i soldi non te li regala nessuno, devi farli tu, e lui li ha fatti zio cane, con le sue cose commerciali, accanto a quelle serie, e le cose commerciali hanno trovato uno spazio di riconoscimento artistico esse stesse.
Tuttavia ciò mi procura un eccesso di stress, mentre i miei canterburyani mi rilassano lo spirito.
Ho scoperto perché, ho avuto una dritta, per una cosa che in realtà già sapevo: quel famoso melodiare canterburyano ed hatfieldiano, di cui parlavo l'altra volta, donde proviene? Dalle nursery rhimes e dalle lullabies, dalle filastrocche per bambini e dalle ninne nanne. Ma cavoli, era evidente!
I Gong di Davi Allen hanno vissuto una vita di filastrocche, e lo stesso Kevin Ayers. E Rock Bottom di Robert Wyatt, che cos'è, se non una serie tragica di filastrocche post-moderne, concepite da uno che era appena divenuto paralitico, per ragioni mai ben precisate? E gli Hatfield and the North, e i National Health, con quelle vocine femminili sono l'apoteosi della filastrocca.
I Genesis si sono autosfottuti con Nursery CHRIME, nel senso che i bambini bisogna ammazzarli tutti alla nascita, come suggerisce la copertina.
E tuttavia a me le "musichette" mi acchiappano, come le musiche dei cartoni animati della Warner Bros, quelle di Carl Stalling, ma qui il fatto è psicanalitico.
Mo' vi frego: il primo a fare musica rock e underground con le filastrocche fu Zappa: Now believe me when I tell you that my song is really true, I want everyone, to listen and believe

https://www.youtube.com/watch?v=s_x2O50MefU

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