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mercoledì 29 giugno 2022

Banda della Magliana, stato di natura hobbeseano, idiocrazia

 di Fabio Massimo Nicosia

Per Sorel in Marx emerge una figura di capitalista guerriero, conquistatore insaziabile -modello, gli Stati Uniti più che la vecchia Inghilterra-, ma è esattamente questa indomabilità del “capitano di industria” a consentire di essere fronteggiata da un proletariato virile, e non ammosciato dai riformisti e dai democratici, oltre che dai preti di ogni colore, in quello che Sorel definisce un “ideale di mediocrità conservatrice”, il quale conduce uno acto alla “rovina simultanea dello spirito capitalistico e dello spirito rivoluzionario”, e qui sembra di vedere echeggiato il migliore Gobetti, giacché qui non vediamo all’opera solo un fiacco “riformismo socialista”, ma altresì un non meno svirilizzato timore della borghesia, la quale viene quindi indotta a delle rinunce di potere fondate esclusivamente sulla paura, e sulla sollecitazione dei politici e dei sindacalisti a “cedere” alla più banali rivendicazioni operaie, di tal che il deputato riformista e il sindacalista possano pascere nella loro mediocre carriera di parassita. Marx, sottolinea Sorel, “supponeva che la borghesia non avesse bisogno di essere eccitata all’esercizio della propria forza”, ma non aveva fatto i conti con il fatto che la borghesia di fine ottocento e primo novecento, al contrario, avrebbe favorito per miopia l’approvazione di tutta una legislazione -ecco la sottovalutazione della politica da parte di Marx- che cerca di attenuare esattamente l’esercizio della forza da parte propria, sempre per timore e paura di qualcosa, in modo tale da minare la previsione marxiana che la rivoluzione sarebbe giunta a colpire al cuore il capitalismo mentre questo fosse ancora pienamente vitale.

Lo statuto del bene economico potenzialmente infinito nell'epoca della riproducibiltà tecnica dell'opera d'arte (e altre supercazzole)

di Fabio Massimo Nicosia

Così come nell’astratta concorrenza perfetta il profitto è pari a zero, nella fase suprema della concorrenza monetaria, non solo è zero il signoraggio, ma è la stessa moneta come concetto separato a estinguersi, dato che, con la digitalizzazione, nemmeno v’è ragione che sussista un “concetto monetario” separato da qualsiasi tipo di merce, servizio e bene in generale, ognuno potendo svolgere pari funzione, superandosi così concettualmente la distinzione stessa tra baratto e scambio monetario. Un passaggio intermedio in tale percorso può essere rappresentato dall’uso monetario dei “dati personali”, i quali rappresentano “libero conio” nel senso però anche di moneta infinitamente riproducibile, tant’è che non determinano rivalità nel consumo e nel possesso, e quindi più multinazionali o Stati possono detenere i tuoi “dati”, aventi valore economico, quindi siamo di fronte a un’ipotesi di “moneta condivisa” in quanto common immateriale e virtuale, attraverso la quale pagare alcuni servizi, ad esempio usufruire di Google o Facebook “senza (apparentemente) pagare”; d’altra parte, tu puoi usare a tua volta i tuoi dati per pagare un servizio infinite volte sempre con gli stessi dati, o dati che si rinnovano di continuo attraverso la navigazione: si noti che i dati sono forse l’unica moneta che nasce senza signoraggio incorporato, per quanto poi, nell’attuale sistema del capitalismo della sorveglianza, essi vengono appropriati dal capitalista, e quindi viene loro assegnato un valore di signoraggio, non da te che li hai “emessi”, ma dal capitalista -o dal sistema dello Stato-, il quale se ne appropria.