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sabato 9 aprile 2022

Il caso Brozovic e la bolla dei fattoidi

 di Fabio Massimo Nicosia

In fondo, il rapporto tra lo scienziato e la realtà è analogo a quello del caricaturista o del cabarettista, i quali la deformano attraverso artifici comunicazionali a mero fine di intrattenimento, attraverso la continua produzione e riproduzione delle cosiddette bolle mediatiche, ricostruzioni appunto del tutto fantasiose di un mondo dei fatti che nessun giornalista davvero conosce, se non in minima parte e quella minima parte pressoché interamente, di solito, per sentito dire, per cui abbiamo assistito a scene di collegamenti video a redazioni, nel corso dei quali potevamo constatare che l’attività giornalistica di quegli impiegati di concetto era fare… ricerche su internet! 

Una particolare degenerazione antiscientifica nel senso del fattoide si riscontra forse nemmeno di più nel mondo del giornalismo politico che non nell’universo sportivo; sono fenomeni che meritano di essere segnalati a futura memoria; accennerò appena al caso di Jorginho, giocatore della Nazionale italiana ampiamente sopravvalutato, arrivato terzo al concorso “Pallone (gonfiato) d’oro” del 2021, pur dopo tre rigori consecutivi sbagliati, dato che il mondo giornalistico europeo si sentiva pur in dovere di assegnare un riconoscimento all’Italia, in quanto vincitrice del campionato europeo. Dirò di più, invece, da tifoso interista, del caso di Brozovic, il quale davvero da anni costituisce oggetto di un’animata bolla mediatica propagandista, che ne ha costruito un personaggio pubblico, dai contorni lontanissimi dalla realtà, per cui gli si assegnano caratteristiche tecniche, al di là delle qualità, che egli nemmeno lontanamente possiede.

Cross nella propria area, passaggi indietro al portiere con i compagni avanti liberi, palle velenose perse al limite dell’area della propria squadra, eppure secondo i giornalisti e i telecronisti ci troveremmo innanzi a “uno dei più grandi centrocampisti oggi in Europa”, “all’unico giocatore di autentica personalità dell’Inter”; oppure, quando egli manca per infortunio dalla partita, immancabilmente il telecronista dirà: “Si sente proprio che manca Brozovic, la sua fantasia, la sua visione di gioco, le sue aperture illuminanti”, tutti asserti del tutto sforniti di riscontro nella realtà -o quantomeno in ciò che io personalmente vedo, o come io personalmente interpreto il suo gioco-, al punto che alcuni dati, però, possono anche ritenersi oggettivi: ad esempio, oggi il consueto telecronista di regime ha affermato quanto segue: “Si vede che manca Brozovic con tutti i suoi rifornimenti alle punte”: ora, al di là di qualsiasi interpretazione estrema e solipsistica dei fatti, è dato oggettivo certo che Brozovic, nel corso di questo campionato, non ha mai offerto un assist alle punte che sia uno. E allora vien da chiedersi se, in casi come questi, più che Nietzsche o Feyerabend non si debba invocare il codice penale, dato che qui ci troviamo chiaramente di fronte a manovre di alterazione e turbativa dei mercati, volgarmente, per tenere in piedi il valore di un giocatore scarso per farsi amica la società di calcio, che in questo caso è l’Inter, mentre altre volte sarà un’altra, per non dire che a volte frasi simili si sentono addirittura con riferimento a una chiara cosa inutile come Roberto Gagliardini. Ma anche tale profilo è rilevante ai nostri fini, dato che con tale argomento si entra nel campo della sociologia della scienza, e quindi su tutti gli interessi economici e finanziari che incidono sulle affermazioni pubbliche di scienziati e scienziati cosiddetti, come abbiamo visto negli scorsi due anni con la famosa compagnia di giro dei giullari e saltimbanchi televisivi in camice bianco, davvero vergogna inemendabile del nostro pavese.

A parte tali divagazioni per celia, resta un punto fondamentale e determinante dell’empirismo afairetico-costitutivo, e qui diviene fondamentale il costitutivo, che nutre di ulteriori carichi l’epitome nietzscheana; e cioè che l’interpretazione -si pensi alla formulazione di un giudizio etico con riferimento a un determinato evento- prevale di necessità e di gran lunga sul “fatto” supposto oggettivo, per la decisiva ragione che non esiste percezione di fatto o evento, o di alcunché che abbia a che fare con la vita e con la materia, che non sia immediata e diretta interpretazione soggettiva del fatto e dell’evento; vale a dire che, mentre percepisco, sto interpretando quanto sto percependo, riconducendo il percepito nella direzione di una quantità incommensurabile di elementi sussuntorei e di categorizzazione a raggera, e non è nemmeno possibile ipotizzare che possa avvenire altro che questo; ciò significa che, posto un fatto reale, “oggettivo”, sottostante, ciascuno di noi, attraverso la propria immancabile interpretazione soggettiva, costruisce un derivato della realtà, che è res altra dalla realtà stessa, e segue regole e andamenti propri e diversi rispetto a quella realtà oggetto di interpretazione; tal per cui, noi poi si discute opponendo la mia interpretazione alla tua, ciascuno magari in buona fede convinto della giustezza della propria, ma in guisa tale che ciò autorizzi a fare altrettanto agli strategici e ai‘n malafede, e in ogni caso dalla discussione emerge una bolla, che talora infatti scoppia, ed è sulla bolla che poi si costruisce “la realtà sociale” e tutto il discorso pubblico attorno alla “realtà sociale”: quando la bolla scoppia, muta il paradigma ermeneutico e, nei casi più fortunati, si procede per rivoluzioni o collassi, mentre in quelli sfortunati il conflitto è irrimediabile, senza che si possa davvero dire ove stiano le ragioni e i torti, almeno sulle cose più importanti, dato che ognuno a ragione potrebbe invocare lo stato di necessità per imporsi, ma sempre sulla base del proprio modo di vedere le cose; sicché, stante l’impossibilità di essere sicuri di trovarsi di fronte un giudizio sincero, l’unico giudizio etico che si può formulare è quello relativo alla buona fede degli attori, salvo che questa è sua volta solo intuibile, non essendo penetrabile il foro interno, fatto salvo che la storia insegna che talora sarebbe stato meglio che avessero trionfato quelli in malafede sugli stupidi in buona fede.

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