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martedì 29 marzo 2022

Sui presupposti anarco-individualisti del Geo-comunismo

 di Fabio Massimo Nicosia

Secondo la filosofia morale moderna, non esiste obbligo di obbedire ai comandi altrui, al di fuori di una convenzione condivisa che lo preveda, e che funzioni quindi da autorizzazione a emettere il comando, con la conseguenza che un comando così conformato non è poi davvero tale, ma solo un’indicazione ad attenersi al già convenuto, almeno sotto il profilo procedurale quanto alle determinazioni da assumere, sicché in un caso come questo la procedura convenuta funziona come un’attribuzione condivisa di competenza

Allo stesso modo, Rousseau nel “Contratto sociale” sostiene che non esiste alcun obbligo morale di obbedire al più forte per il solo fatto ch’egli è il più forte, anche perché l’essere “il più forte” può essere vicenda contingente e ribaltabile in favore di un nuovo “più forte”, mentre invece si deve obbedire solo alle autorità convalidate dal diritto, e in questo senso “legittime”. Senonché il punto critico insiste esattamente in tale requisito della “legittimità”, che non è perfettamente chiaro in che cosa consista, al di là delle palesi turlupinature di mascheramento del potere arbitrario, e in che cosa mai possa consistere, se non appunto in consenso prestato, anche perché abbondano le turlupinature subdole e non plateali: ma se c’è consenso, non si tratta di obbedienza all’altro, ma di obbedienza a se stesso, vale a dire a quanto liberamente convenuto di propria spontanea volontà in accordo con l’altro, esattamente come in un contratto, che, una volta stipulato, comporta un adempimento a una volontà che è in pari tempo la nostra e quella della controparte contrattuale.

Al fondo, il pensiero anarchico, al di là di alterazioni tonali e cromatiche dovute ai contesti storici, altro non sostiene che questo, ossia il carattere abusivo del comando unilaterale, e quindi dell’autorità autoreferenziale, la quale pretenda di nutrirsi da sé della propria legittimità e legittimazione, oppure la ricerchi in modo fraudolento attraverso argomenti in grado di conseguire acquiescenza da parte di popoli supini, e allora subentra l’elemento ribellistico o rivoluzionario dell’anarchismo, così come espressosi nelle varie epoche storiche, ossia quando è stato posto, o si è posto, in grado di esprimersi, agitandosi anche contro quelle masse o maggioranze supine e acquiescenti.

L’anarchismo genuino va quindi inteso come una dottrina della delegittimazione della pretesa dell’altro a imporsi unilateralmente nei nostri confronti, pretesa alla quale l’anarchico oppone un satirico e demistificante “E tu chi ti credi di essere?”, chi saresti mai tu per pretendere di dettare regole a me, dato che io non mi sento in nulla inferiore o subalterno a te, e quindi non riconosco in tuo capo alcun potere di disporre di me in alcun modo. Maestro, anche nel senso della primazia storica, di tale approccio delegittimante è stato evidentemente Max Stirner, al quale si contrappose comprensibilmente Marx, il quale in effetti andava alla ricerca di altre e nuove formule di legittimazione, sicché l’approccio in ultima analisi di mera devastazione di ogni pretesa di supremazia e di costruzione istituzionale artificiosa di Stirner non poteva risultargli congeniale; e a Stirner fece seguito immediato Nietzsche, con quello che ho definito “programma naturalistico”, ossia di demistificazione di ogni istituzione, in favore della valorizzazione degli impulsi naturali vitali, il che non significa poi davvero di per sé che istituzioni non debbano esistere in assoluto, ma solo, o soprattutto, che quelle esistenti vanno desacralizzate e demistificate, giammai prese sul serio e giammai considerate meritevoli di alcuna incondizionata fiducia.

Vien da chiedersi allora su quali basi teoriche e filosofiche l’anarchismo abbia allora fatto propri modi di intendere di tipo socialistico e non meramente individualistico: il fatto è che se il “tu devi” di A non comporta obblighi per B, la Terra deve considerarsi in origine comune. E infatti, se tu non sei legittimato a impormi alcunché, e la mia libertà non si esprime nel vacuo etereo, ma sul concreto materiale del Pianeta, ciò significa che ogni qualvolta io eserciti la mia libertà io sia inevitabilmente compartecipe di determinazioni in ordine alla destinazione d’uso della Terra; ma ciò comporta per implicazione che, se io sono autorizzato dalla mia libertà a fissare destinazioni d’uso sulla Terra, io non acquisisco titoli proprietari sulla Terra in conseguenza delle mie determinazioni su quella destinazione d’uso, ma che ne disponevo già prima di quelle determinazioni e che quelle determinazioni sono frutto ed esito esattamente del potere legittimo che mi deriva da una mia preesistente titolarità o contitolarità nei raffronti della Terra: vale a dire che la tua carenza di legittimazione in ordine all’imporre determinati usi della Terra nei miei confronti legittima al contempo il fatto che io a ciò provveda da me per quanto riguarda me stesso, e che quindi la tua delegittimazione in quanto autorità mi legittima quale proprietario, al pari di ogni altro, della Terra, con la conseguenza che, prima facie e di base, la Terra è comune agli uomini, delegittimandoti io a impormi alcun impedimento quanto alla mia circolazione o al mio stazionamento sul Pianeta; ciò, in quanto la mia libertà, non sviluppandosi nel vacuo etereo, ma sul suolo -o comunque sul sottosuolo o il soprasuolo, ma solo occasionalmente-, la nozione di libertà si lega ab origine strettamente con una qualche titolarità riconosciuta sul suolo, con qualche diritto di possesso sul suolo, dato che la mia libertà si esprime invariabilmente in una successione nel tempo di stati di occupazione dello spazio terrestre; salvo che, siccome questo principio vale per tutti e ciascuno, ecco allora che l’implicazione è inevitabilmente comunista da questo punto di vista, detto anche Geo-comunista, in quanto riferito al possesso condiviso originario della Terra.

Questo iter argomentativo è in grado a mio avviso di esplicare come un approccio iconoclasta nei confronti delle legittimazioni all’esercizio dell’autorità nei miei confronti abbia immediate ricadute e implicazioni di tipo comunistico, il che spiega molte cose sulla storia del pensiero e del movimento anarchico, cui compito è stato, e a livello teorico è tuttora, di trovare una qualche forma di equilibrio tra i due elementi fondamentali, che emergono dall’illustrazione che precede, vale a dire l’elemento individualistico e l’elemento comunistico, il tutto mantenendosi coerenti quanto alla negazione delegittimante nei confronti di qualsiasi forma di autorità unilaterale dell’uomo sull’uomo: la storia del pensiero anarchico, in particolare, è la storia della difficilissima ricerca di tale equilibrio nella sua forma migliore possibile.

E ciò in quanto il presupposto Geo-comunista poi non preclude affatto -e qui riemerge l’elemento individualista iniziale- differenziazioni, in funzione di vari elementi e requisiti, che sono la capacità di lavoro individuale, la reputazione e la capacità, quindi, di dotarsi di una rete di relazioni: da tutto questo emergono, in termini economici, due elementi di base: a) il diritto a una qualche forma di rendita in capo a ognuno sull’uso del suolo, che poi trova migliore sistematizzazione in chiave produttivistica nelle categorie dell’utile universale o del profitto universale; b) il diritto al libero conio, in quanto proiezione ed estrinsecazione -oltre che della titolarità, da parte mia, di una quota di mondo, quel mondo che sono legittimato a possedere in unione con gli altri- di quelle capacità, che sono prettamente individuali e soggettive, di lavoro, di intessere relazioni sociali e di conseguire reputazione. Ciò che in particolare va sottolineato è che tutto quanto precede io sostengo, non in via normativa, come avviene nei left-libertarians classici, che non sono in grado di dotare di alcun fondamento giustificativo la propria proposta combinatoria di comunismo della Terra e di self-ownership; ma su di un chiaro presupposto assiomatico, ma tale in quanto si auto-impone per forza propria, e non per certazione costitutiva positiva mia, di delegittimazione dell’autorità tua nei miei confronti: il che, lungi dal gravarmi di particolari oneri di argomentazione, produce un chiaro effetto traslativo su di te, che pretendi di comandarmi, del relativo onere di motivazione e della prova: salvo che si tratta di probatio diabolica, posto che io potrò sempre negare e contestare ad libitum, e in perfetta buona fede, qualsiasi supposta prova o motivazione tu potrai mai pretendere di allegare, potendo io sempre e comunque dichiararmene insoddisfatto, o almeno fin quando la tua pretesa di dominio si manterrà nell’ambito del novero delle mere pretese unilaterali.

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