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venerdì 24 dicembre 2021

Critica dell'anarco-capitalismo e dell'idiocrazia


Intervento di Fabio Massimo Nicosia al Comitato Nazionale di Radicali Italiani, 24 dicembre 2021

Mie recenti disavventure con la carta di credito, per non parlare della mia diuturna lotta con Facebook, che a causa in corso mi blocca ancora una volta in modo pretestuoso (però intanto gli avvocati avversari continuano a cercarci, perché si cacano sotto), mi ha ricondotto a riflettere su quella che chiamo idiocrazia, idion-crazia, ossia dominio dei privati, ovvero lo Stato che si articola attraverso soggetti di diritto privato, che è stata la grande illusione del movimento delle privatizzazioni, iniziato con Reagan e Thatcher per arrivare alle dismissioni del Britannia (quindi Draghi, Amato, Prodi, Ciampi, ossia centro-sinistra stranamente e non centro-destra), e che ha condotto a questa sacralizzazione del soggetto privato in nome dell'"efficienza", efficienza che non esiste quasi mai, e che se esiste è solo pro domo loro.

Ad esempio, Della Valle è "efficiente" nel valorizzare il marchio del Colosseo, ma è efficiente solo per le sue tasche, quando il marchio del Colosseo è dei cittadini italiani e non suo, laddove i cittadini italiani, da siffatta valorizzazione efficiente, non ci guadagnano un beato cazzo.

La mia adesione, che non è mai stata incondizionata, all'anarco-capitalismo, diciamo attorno alla metà degli anni '90 (anche se io conoscevo Riccardo La Conca fin dal 1979, ed ero uno dei pochi compratori della sua rivistina Claustrofobia), aveva ben altri presupposti: con atteggiamento da filosofo politico, per me l'anarco-capitalismo rappresentava la dottrina, per la quale "non v'è nulla che fa lo Stato, che non possa essere fatto dal mercato" (dal mercato, si badi, non dai "privati"), ma collocando ciò in posizione originaria, per dirla alla Rawls, o nello stato di natura, per dirla come i classici, ossia partendo da zero in una situazione egualitaria di base.

Non ho certo mai inteso l'anarco-capitalismo nel senso che si dovesse affidare ai privati mafiosi di oggi sic et simpliciter tutte le funzioni dello Stato, dato che "privato", poi, è un concetto formalistico ed esteriore, per cui tu puoi prendere lo Stato, chiamarlo "Privato", e non hai fatto nessun passo avanti, anzi, ne avrai fatti indietro, dato che lo Stato costituzionale si suppone abbia dei limiti, mentre lo Stato privato, in mano di privati, limiti non vuole conoscere, secondo il noto motto "Facebook è un privato e fa quello che vuole", tal per cui l'allievo di Rothbard HH Hoppe si profuse in una difesa dell'ancien regime, dato che il sovrano assoluto è un proprietario privato del territorio e dello Stato, e quindi non si sa perché mai, in nome di questa qualificazione formale, noi dovremmo preferirlo a uno Stato liberal-democratico.

Qui siamo già in una fase di impazzimento dell'anarco-capitalismo, dato che cose del genere negli anni '60-70 non le avrebbero mai dette, anzi Rothbard diceva l'esatto contrario, ed è escluso che uno come David Friedman avrebbe mai potuto intessere l'elogio dell'anciem regime: e allora bisogna capire se questi esiti patologici siano solo degenerazioni o siano portati diretti della dottrina, sia pure interpretata nel modo peggiore possibile.

Il fatto è che l'anarco-capitalismo mainstream si fonda sul pensiero di Rothbard, che è un grande polemista politico, ma che come filosofo del diritto è poco più di un terrapiattista, con la sua inverosimile dottrina dell'assolutezza del diritto di proprietà -mentre proposizioni più ragionevoli arrivavano da David Friedman, che infatti non è un giusnaturalista, o da tutta la scuola di Chicago dei property rights, come Ronald Coase, le cui implicazioni, ossia le implicazioni del considerare la proprietà non come un'apprensione unilaterale assolutistica, ma come uno scambio, possono essere anche molto "di sinistra".

Il vizio di fondo del terrapiattismo rothbardiano è censurare il proviso di Locke, e assumere che la Terra sia res nullius e non res communis omnium, vale a dire assoggettare il regime proprietario della terra e delle risorse naturali allo stesso regime giuridico di un bene mobile banale che tu possa trovare per strada.

Ne deriva un assolutismo proprietario, in nome di una concezione del diritto di proprietà che non è mai esistita nella storia, dato che il diritto romano incorpora vari limiti al diritto di proprietà del suolo, limiti che per i terrapiattisti rothbardiani non esistono, avendo frainteso il senso del brocardo ius utendi et abutendi, che non vuol dire che si possa abusare del diritto in danno di terzi, in danno degli altri.

Allo stesso modo gli anarco-capitalisti propongono una teoria terrapiattista del contratto, per la quale in un contratto il soggetto più forte può imporre qualsiasi cosa, quindi un contratto senza diritto dei contratti, un contratto senza interpretatio contra stipulatorem, senza rescissione, senza risoluzione, senza annullamento: sono proprio ignoranti, perché sacralizzano il fatto che un cristiano abbia apposto una firma, come se poi il contratto non possa essere sindacato nella sua validità, e se la firma non fosse un fatto puramente esteriore.

A questo punto occorre operare una distinzione che non è molto chiara nelle discussioni che si fanno, o che si sono fatte in passato, ossia la distinzione tra Terra res nullius in posizione originaria (o in stato di natura) e res nullius OGGI.

Perché allo stato di natura, parlare di res nullius, significa che, partendo da zero, ognuno si appropria di quello di cui riesce ad appropriarsi, il che non è corretto in senso lockeano, ma che avrebbe comunque una portata circoscritta.

Parlare invece di res nullius OGGI, tale per cui gli anarco-capitalisti sostengono che le proprietà dello Stato, essendo lo Stato illegittimo, non sono di nessuno -loro non dicono come me che sono dei cittadini- porta a dire che qualsiasi grande capitalista di oggi si possa appropriare gratuitamente del demanio, IL CHE E' ESATTAMENTE QUANTO GIA' AVVIENE, come abbiamo visto con Della Valle, con Facebook, o con le trivelle. 

E infatti se io chiedo a un anarco-capitalista, "ma mi spieghi perché cazzo il Colosseo debba essere sfruttato gratis da Della Valle e non dai cittadini tutti?", lui o lei, o non sa che rispondere, o deve ricorrere alla bizzarra dottrina, per la quale il Colosseo sarebbe res nullius (mentre per me è res communis omnium).

Per farvi comprendere i livelli di terrapiattismo ai quali questa teoria porta, pensate che quando, bombardato l'Iraq, ci fu il saccheggio del Museo Babilonese, un noto anarco-capitalista italiano, di solito persona mite, ma vittima della folle ideologia, disse che tutto ciò era legittimo, ossia che il Museo Babilonese andasse smarrito e distrutto, dato che il museo stesso sarebbe res nullius, e quindi liberamente appropriabile dal primo minchione che passa.

Adesso capite anche le ragioni del mio occasionale nervosismo, ossia anche per il fatto che per anni ho dovuto interloquire con simili cazzate.

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