di Fabio Massimo Nicosia
Molte persone in buona fede non concepiscono che da taluni si utilizzi l'espressione "dittatura sanitaria". Queste persone pensano infatti che, per aversi "dittatura", occorre che vi sia un signore con i baffetti di Charlot che dica cose strane e mandi milioni di persone allo sterminio.
Oppure pensano che, per aversi dittatura, occorre che vi sia al potere un generale cileno, che utilizzi gli stadi per radunare oppositori.
Siccome ciò da noi non succede (per ora), siccome abbiamo ancora il diritto di abbaiare alla luna sui social, fin quando il signor social non decida a suo arbitrio il contrario, allora da noi non vi sarebbe alcuna "dittatura".
Qui si annida un grave errore su che cosa si debba intendere per "dittatura". Ad esempio, durante il fascismo, negli anni '30, c'erano meno detenuti che nell'Italia di oggi, anche se c'erano i tribunali speciali, dato che oggi i tribunali ordinari mandano migliaia di persone in carcere per piccoli reati riguardanti lo spaccio (un terzo dei detenuti è di questo tipo), mentre durante il fascismo questo non avveniva (con tutte le motivazioni che potete immaginare).
Quindi per uno arrestato per piccolo spaccio, per lui personalmente, già c'è dittatura, come c'è stata dittatura per me tutte le volte che la polizia municipale del riverito e progressista e moderno Comune di Milano si è intrufolata arbitrariamente in casa mia per portarmi via con la violenza, applicando un istituto, che, guarda caso, si chiama Trattamento SANITARIO obbligatorio.
E già, perché la sanità è un ottimo strumento per imporsi d'autorità, in particolare la psichiatria, come si sa dalla vicenda dell'Unione Sovietica, che molto ci ha lasciato in eredità, ossia l'idea che chi non condivida un certo framework dev'essere per forza pazzo, dato che, stando all'oggi, solo un pazzo può fare propaganda per la morte certa, alla quale andrebbe incontro il non vaccinato, il che rappresenta, oltre che un procurato allarme, anche un grossolano falso statistico.
D'altra parte Mussolini aveva un pochino di Istituto Lvce, ma non disponeva di una dozzina di canali a rete unificate a fare propaganda minuto dopo minuto per lui, come oggi ha il Grande Banchiere: il mezzo televisivo consente di fare un salto di qualità, al fine di capire se c'è almeno un altrettanto pochino di dittatura.
Ma ricominciamo da capo.
Durante la Repubblica Romana, il dittatore, che, si badi, durava SEI MESI, mentre qui lo stato di emergenza è stato ulteriormente e illegittimamente prorogato per la terza volta, era un "magistrato straordinario" (Mommsen) che faceva fronte a situazioni eccezionale di particolare disordine o pericolo. Mica sterminava gli ebrei, però si chiamava dittatore ugualmente, dato che dittatura significava semplicemente sospensione (per sei mesi, e non all'infinito) delle istituzioni e delle magistrature ordinarie, stante lo stato di emergenza o di eccezione (si noti che Pino Rauti, all'ultimo commosso congresso del MSI, disse che Mussolini si era limitato ad applicare nella prima fase i principi della dittatura romana, salvo poi costituirsi in nuovo sistema).
Per Carl Schmitt si distinguono dittatura commissaria e dittatura sovrana.
La dittatura commissaria somiglia a quella romana, nel senso che si tratta di una sospensione temporanea delle istituzioni formali vigenti, che poi però si riespandono nella propria efficacia ed effettività con il ritorno alla normalità.
La dittatura sovrana, al contrario, segna il passaggio da un sistema costituzionale a un altro, accompagna la fuoriuscita dall'ordinamento.
Durante la Repubblica di Weimar, come ricorda Agamben, ci sono state più di 100 dichiarazioni di stato di eccezione (dittature commissarie), finché poi l'ultimo stato di eccezione fu proclamato da Hitler con sospensione di tutti i diritti costituzionali, e in questo caso si trattò di dittatura sovrana, dato che si passò a un nuovo sistema costituzionale, quello del III Reich., fondato sul Führerprinzip, ossia sull'abolizione sostanziale e (quasi) totale dello Stato di diritto, con la sua sostituzione con la nuova Grundnorm, rappresentata dai gusti personali del Führer, l'unico in grado di interpretare legittimamente il sentimento del Volk.
Ora, la nostra Costituzione non prevede alcuno "stato di eccezione" non per caso, ma perché i costituenti avevano chiara in mente l'esperienza di Weimar, ossia erano consapevoli che sospendere periodicamente la Costituzione avrebbe condotto al peggio.
Noi con il lockdown abbiamo visto la sospensione pressoché generalizzata dei diritti costituzionali (tranne di quello di venire qui a lamentarsi, però non potevi fare manifestazioni).
Giandomenico Barcellona scrisse che il lockdown non era un normale provvedimento amministrativo, ma un provvedimento amministrativo in grado di impattare, non su questa o quella libertà costituzionale, ma su tutte contemporaneamente, il che se non è dittatoriale ditemi che cos'è.
In assenza di una norma in Costituzione sullo stato di eccezione, quali sono i referenti normativi della sospensione dei diritti?
Sono due norme: quella prevista dal Testo Unico della protezione civile sullo stato di emergenza, anzitutto.
Salvo che questa norma è stata dilatata come la pelle dei coglioni, dato che non prevede affatto di essere attivata per ragioni sanitarie, come hanno riconosciuto vari giudici; ora, poi, l'ultimo decreto legge sulla "certificazione verde", proroga lo stato di emergenza (che in base alla norma originaria sarebbe GIA' SCADUTO), quindi di fatto il nuovo Decreto Legge introduce motu proprio una norma eccezionale, ovviamente incostituzionale, dato che prorogando lo stato di emergenza elude il limite temporale indicato dalla normativa sulla protezione civile.
Ma la più grande invenzione (extra)costituzionale dei nostri tempi, avallata e sostenuta da Mattarella, il quale verrà ricordato dagli storici come fellone per tale ragione, è l'avere individuato nell'art. 32 la norma in grado di sostenere uno stato di emergenza o di eccezione, appunto la norma sul diritto alla salute e sull'interesse della collettività alla salute.
Questo "interesse della collettività alla salute" diventa quindi la nuova Grundnorm, in nome della quale tutto sarebbe consentito da parte del potere governativo, bypassando tutti gli altri diritti, pur se questi, come quello previsto dall'art. 13, sono sempre stati intesi dalla dottrina e dalla giurisprudenza come rigidi e non flessibili.
Invece l'invocazione della nuova norma fondamentale, l'art,. 32, rende flessibili i diritti fondamentali, che dovrebbero collocarsi in situazione di supremazia nell'ordinamento lessicografico (anche perché 13 viene prima di 32).
Non è finita!
Ieri, discutendo con alcuni semicolti di green pass, ho fatto presente l'esistenza dell'art, 3 Cost., che fissa indefettibilmente il principio di eguaglianza davanti alla legge.
Mi si è risposto che L'ART. 32 PREVALE SULL'ART. 3, ossia vedete bene che questa è esattamente un'affermazione di legittimazione della dittatura sanitaria, dato che pone il presunto "interesse della collettività alla salute" (interesse, si badi, non diritto, ossia qualcosa meno di un diritto) in posizione gerarchicamente superiore rispetto allo stesso art. 3, ossia alla norma forse più importante della Costituzione (assieme probabilmente all'art. 13, che è stato massacrato durante il lockdown, come riconosciuto da alcuni giudici).
Ecco allora spiegato in che cosa consiste la "dittatura sanitaria", nella supremazia gerarchica di un concetto attributivo di poteri totalmente discrezionali, quindi derogatori rispetto ai diritti individuali, quale quello di "interesse della collettività alla salute", ossia di qualcosa che lo stesso articolo 32 pone in posizione subordinata rispetto al DIRITTO INDIVIDUALE alla salute.
Siamo quindi in dittatura commissaria o sovrana?
Per ora le parvenze sono di dittatura commissaria, ma per chi sa vedere oltre il proprio naso, dato che siamo in situazione "Grande Reset", Recovery Fund (ossia ristrutturazione del capitalismo reale a strozzo), vede bene che tutto ciò ci parla di una dittatura sovrana che porta a un nuovo, e poco bello, sistema costituzionale (de facto se non de iure) e politico.
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