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giovedì 3 giugno 2021

Attorno al detto (im)popolare “Ci vuole sempre più Europa”.

 Intervento di Fabio Massimo Nicosia al Comitato Nazionale di Radicali Italiani (3 giugno 2021)

Montanelli diceva che, quando si fosse trattato di “entrare in Europa”, i francesi vi sarebbero entrati da francesi, i tedeschi da tedeschi e gli italiani da europei.

Maestri nel darsi la zappa sui piedi e nell’accomodarsi a ogni potere straniero, solo in Italia poteva nascere un partito che si chiama +Europa; gli altri se ne guardano bene, tanto se hanno potere lo esercitano comunque: vedi Trattato di Aquisgrana (ma guarda, proprio nella sede della Corte di Carlo Magno) Franco-Tedesco del 2019, del quale non ho mai sentito nessun +Europeista parlare, che fissa il rapporto Francia-Germania nei termini di un cartello dominante all’interno della Ue, con obbligo di consultazione reciproca e di fissazione di linee tra loro comuni nel gestire il potere all’interno dell’Unione (e anche fuori).

Da +Europa ho sempre sentito fideismo acritico nei confronti della Ue-articolo di fede, anche con vere e proprie mistificazioni propagandistiche, peraltro subito rilanciate da Mattarella (o viceversa), ossia trattare Cee e Ue come se fossero la stessa cosa, e affermare una continuità settantennale che non esiste, trattandosi di due istituzioni profondamente diverse, pur con alcuni principi in comune.

Il che però significa che quanto di buono ci può dare l’Europa, libertà di circolazione delle persone, dei servizi, delle merci, dei capitali, oltre alla libertà di stabilimento, non ce li ha donati la Ue, ma esistevano già con la Cee (anzi, nel 1973, quando sono andato ad Amsterdam con mia mamma, nessuno ci ha mai chiesto documenti, mentre nel 2006, quando sono andato ad Amsterdam la seconda volta, mi hanno chiesto il documento a ogni frontiera, quindi oggi è peggio di prima), ma senza tutte le altre gabbie imposte dalla Ue. Allo stesso modo esisteva già il principio di libera concorrenza, e la Cee era molto meno intrusiva della Ue nell’imporci i più svariati suoi “standard”.

Occorre infatti considerare che il sistema europeo si fonda su una precisa ideologia (il che rende risibile chi, da sinistra, va a zonzo a cercare un’”altra Europa”, quando l’”Europa” è questa), vale a dire l’ordoliberalismo tedesco, ossia nemmeno un generico liberalismo, ma uno molto specifico, per cui quando aderisci alla Ue stai aderendo a una precisa ideologia; nemmeno puoi essere, faccio per dire, liberale hayekiano, no, devi essere proprio “ordoliberale tedesco”: vale a dire un’ideologia fondata su un mito totalmente controverso, che è quello della cosiddetta concorrenza perfetta, con la precisazione che lo Stato (quindi in questo caso l’istituzione continentale) deve fare tutto quanto in suo potere per imporre la concorrenza perfetta.

Naturalmente, qui siamo nell’ambito delle formule mitiche della legittimazione, ma ciò non è privo di conseguenze pratiche, dato che la concorrenza perfetta è un modello analitico, nel quale un numero elevato di imprese produce lo stesso bene o servizio, sicché avvicinarsi al modello significa imporre una standardizzazione dei prodotti da Oslo ad Agrigento, senza alcun riguardo per le specificità locali, e lo vediamo quando ci dicono che il forno a legna per la pizza non va bene e così via: le famose direttive Ue di standardizzazione rispondono a questa ideologia, per la quale la pizza va fatta allo stesso modo a Oslo e ad Agrigento, dato che la concorrenza perfetta, nel modello analitico, questo prevede: follia.

Ciò non significa che l’ordoliberalismo abbia solo difetti: infatti, questa ossessione per la concorrenza perfetta –che, ad esempio, è concetto del tutto estraneo al liberismo di scuola austriaca o ai modelli di concorrenza monopolistica, per i quali ogni concorrente si caratterizza per differenziazioni innovative (schumpeteriane)-, porta di buono quantomeno la lotta agli abusi di posizione dominante, che io intendo come principio di tutela del consumatore, in quanto quelle posizioni monopolistiche tendono all’inefficienza e al parassitismo (in realtà queste posizioni dominanti dipendono per lo più dalla proprietà intellettuale, che è monopolio concesso dallo Stato): peccato però che l’ordoliberalismo non preveda analoga concorrenza nel settore monetario, e quindi fissi il monopolio delle banche centrali, che qui si estende inopinatamente, nemmeno al livello statale, ma a quello continentale, in contraddizione con il principio di duplice sussidiarietà, verticale e orizzontale (ossia tra enti pubblici di diversa dimensione di scala e tra pubblico e privato), che pure sarebbe un caposaldo ordoliberale ed europeo.

Sicché tutte le contraddizioni ordoliberali passano pari pari nel Trattato di Funzionamento Ue, il che a mio avviso rappresenta una vera e propria imposizione ideologica, anche se non ce ne rendiamo conto. Ad esempio nell’eccesso di fiducia rivolto al meccanismo della gara, che, nei casi di grande dimensione di scala come Consip (per il diritto europeo: “Centrali d’acquisto della PA”), finisce con il ricreare quelle concentrazioni che si vorrebbero evitare, come ho avuto modo di constatare lavorando per Consip venti anni fa.

Il salto (negativo) di qualità è stata infatti esattamente l’introduzione dell’euro quale moneta monopolistica, in contraddizione appunto con il principio a sua volta europeo di sussidiarietà.

Se quindi l’ordoliberalismo prevede una forte banca centrale come contrappeso al moral hazard dei politici, ossia concedersi a disinvolta spesa pubblica, altrettanto disinvolto è però avere previsto questo monopolio addirittura al livello continentale, del che non mi risulta che i classici dell’ordoliberalismo trattassero.

E, in effetti, l’euro, più che a una logica ordoliberale o lluminista-massonica, come si dice, corrisponde a un progetto autoritario, dato che una moneta non è solo la moneta che avete in tasca, ma un modello di disciplinamento, che, come ho detto nell’intervento precedente, è stato concepito da Hitler allo scolpo di consentire alla Germania di dominare finanziariamente l’Europa dopo averla conquistata militarmente e politicamente. E infatti chi comanda nell’eurozona? la Germania, ma guarda.

Al di là di queste dietrologie, l’euro è un’idea mal concepita proprio dal punto di vista economico: vi sfido a trovare un economista che fosse favorevole all’introduzione dell’euro in termini non politici, ma tecnici, dato che dal punto di vista tecnico è un progetto totalmente campato per aria. Hayek, ad esempio, fautore della concorrenza monetaria tra istituti privati, sostenne ne “La denazionalizzazione della moneta”, che sarebbe stato comunque meglio una concorrenza tra monete nazionali, liberamente circolanti in tutti gli Stati, piuttosto che una moneta unica continentale.

Il fatto è che l’eurozona non è un’OCA, “Optimal Currency Area”, concetto introdotto nel 1961 dal premio Nobel Robert Mundell. Siccome appunto, in presenza di banca centrale, la “moneta” non è quella cosa che avete in tasca, ma una “politica monetaria”, ossia una vera e propria decisione pubblica indivisibile, occorre che questa politica monetaria, essendo “una”, monopolistica e indivisibile, sia idonea all’intero territorio, sul quale la supremazia della banca centrale si estende.

E allora, dice Mundell, ammettiamo che in un territorio vasto (come l’eurozona), vi siano ambiti con un problema (es.: inflazione) e ambiti con un altro problema (es.: disoccupazione), un’unica politica monetaria –alias, un’unica moneta- non sarà adeguata alla situazione, dato che in ambiti territoriali diversi vi sono problemi diversi e confliggenti per poterci permettere un’unica politica monetaria.

Si noti, peraltro, che mentre la FED americana ha tra i suoi compiti istituzionali tanto la stabilità dei prezzi, quanto la lotta alla disoccupazione (sia pure timidamente), la BCE ha tra i suoi compiti istituzionali esclusivamente la stabilità dei prezzi, ossia un obiettivo “conservatore” e restrittivo, che Draghi ha bypassato con il QE, al prezzo di farsi dire dai tedeschi che stava violando il Trattato, e ancora lo dicono alla Lagarde.

Infatti, la Germania si riserva un sindacato di costituzionalità interno delle decisioni della Ue, mentre noi, più realisti del re e zelanti, vi abbiamo rinunciato, costituzionalizzando senza riserve il primato del diritto comunitario, che prima vigeva per “forza propria” (Tesauro), ossia come imposizione, mentre ora i coglioni ce li martelliamo compiaciuti di nostra spontanea volontà: ricordate che cosa ho scritto sopra a proposito di Montanelli?

Salvo che le regole attuali sono tali, per cui, con il QE, la BCE compra più titoli tedeschi che italiani, nonostante che la Germania non ne abbia alcun bisogno, stante che i rendimenti dei suoi titoli di Stato sono negativi; ed è anche di questo che la Germania si lamenta, dato che ciò andrebbe in danno dei risparmiatori tedeschi, i quali peraltro per ottenere migliore redditività potrebbero comprare titoli di Stato italiani!

Ma il fatto che l’euro rifletta il suo non essere espressione di un’OCA è genetico, dato che la sua introduzione ha comportato una svalutazione rispetto al marco e una rivalutazione rispetto alla lira! Per cui la Germania è stata ab origine avvantaggiata nelle esportazioni (e infatti strafà violando anche le prescrizioni al riguardo), mentre prima dell’euro le esportazioni tedesche erano “non pervenute” se non per Mercedes e BMW, laddove l’Italia è stata danneggiata da una moneta più forte rispetto alla lira; quindi la Germania e i paesi nordici vogliono la botte piena e la moglie ubriaca, dato che dell’euro vogliono solo i benefici, ma non ad esempio il risvolto che ne seguirebbe logicamente, ossia mettere i debiti in comune.

In effetti, questo monopolio monetario economicamente infondato (e per nulla liberale o libertario in quanto lesivo del doppio principio di sussidiarietà, per non dire di libera concorrenza), reca con sé un altro gravissimo inconveniente: ossia che la moneta in vigore diviene immediatamente debito per gli Stati, che non possono emettere moneta, ma solo comprarla a interesse da chi la emette senza spese, il quale si autoincredita a piacere nei confronti degli Stati.

Ho ben presente il senso presunto liberale di tale modello, che per togliere potere allo Stato lo conferisce al sistema bancario, non è ben chiaro però con quale beneficio.

Il vincolo esterno bancario, per il quale appunto l’emissione monetaria è sottratta alla politica, fin dal divorzio Tesoro/Banca d’Italia del 1981, mercé uno scambio di letterine tra Andreatta e Ciampi e senza alcun passaggio formale, né tampoco parlamentare, dovrebbe appunto salvaguardarci dal moral hazard politico nella spesa pubblica dissennata.

Senonché la storia ci sta mostrando come questo tipo di vincolo esterno non sia per nulla funzionale ed efficace, nella misura in cui ci dobbiamo indebitare per ottenere moneta, essendoci sottratta la sovranità monetaria, che, si badi, per un libertario, non è sovranità statale, ma anzitutto sovranità individuale o liberamente associata (libero conio).

È proprio il principio di moneta-debito che dobbiamo ripudiare, se si vuole ripartire non per finta. Fotografiamo la nostra situazione: ebbene, pur in presenza di spesa pubblica “dissennata”, noi da quasi trent’anni siamo in avanzo primario (adesso versiamo in una situazione eccezionale, quindi penso che il discorso subisca uno stop).

Vale a dire, dando per buono che lo Stato fornisca apprezzati servizi, noi riceviamo servizi per meno rispetto a quanto paghiamo di imposte, dato che dobbiamo pagare interessi con le tasse che paghiamo: il che significa che il sistema a moneta-debito implica aumento della tassazione, dato che dobbiamo una mercede ai daneistocrati, come li chiamava Ezra Pound. Non solo: il mercato finanziario dei titoli di Stato preme per l’aumento dell’imposizione fiscale, la quale è garanzia degli interessi che i creditori devono ottenere.

Tutte distorsioni e fallimenti riconducibili all’esistenza di una moneta-debito, ossia del fatto che la moneta sia contabilizzata al passivo, in quanto deve essere comprata e non può essere emessa, quando una qualsiasi banca emette moneta attraverso i mutui (vedi Report della Banca d’Inghilterra del 2014), e purtuttavia è a sua volta costretta a contabilizzarla al passivo: il che è assurdo, come nota Biagio Bossone, economista rinomato e riformatore, già Governatore della Banca Centrale di San Marino.

Adesso vi dico una cosa che vi sorprenderà: sapete chi è l’unico che ha votato contro l’introduzione in Costituzione del vincolo di pareggio di bilancio (altro esempio di “montanellismo”, dato che non eravamo tenuti nemmeno per la Ue), con dichiarazione di voto in dissenso dal gruppo del PDL?

L’unico vero liberista che abbiamo, Antonio Martino, quindi non un “sovranista”. Perché? Facile: perché vincolo di bilancio, in questa situazione, significa più tasse per tutti, oltre che per Totti.

Quindi siamo di fronte a questa triangolazione: qualcuno, BCE e sistema bancario, emette moneta; lo Stato, che non può emettere moneta perché la politica è cattiva, deve comprare dal sistema bancario e dai mercati finanziari la moneta a interesse; ergo lo Stato tassa di più i cittadini perché deve pagare quell’interesse: ma vi pare un sistema che abbia senso, se non per chi ci guadagna dal lato del creditore dello Stato? Il cittadino di sicuro ci rimette, salvo il problema di trovare poi comunque dei vincoli per limitare il moral hazard dei politici: certo il modo migliore non è quello di renderli pezzenti mendicanti dei banchieri.

E allora intanto la moneta deve diventare da moneta-debito moneta positiva, ossia una forma di emissione monetaria che, posto che come dice Biagio Bossone, e Hayek sarebbe d’accordo, la moneta è asset, capitale, non ha senso che emetterla comporti un debito e non un attivo.

Si badi che non sto sostenendo le tesi MMT (Modern Monetary Theory, cfr. il libro di Stephanie Kelton, “Il mito del deficit”), ma prendo la parte buona della MMT, ossia l’ammissione che, in linea di principio, se lo Stato emette moneta positiva, non c’è bisogno che il cittadino paghi imposte (a dire il vero, la MMT non è per la moneta positiva, ma a debito, ma un falso debito, ossia quello con la propria banca centrale, come in buona parte avviene in Giappone, sicché si tratta di una partita di giro).

La MMT per altro verso è improponibile, in quanto nega la moneta bancaria (endogena al mercato) e vuole il monopolio monetario dello Stato, mentre io sono favorevole alla moneta bancaria, salvo contabilizzarla all’attivo e non al passivo, appunto come dice Bossone (che propone questo anche per la BCE).

Come vincolo, interno e non esterno, per limitare il moral hazard, intanto io parto dal presupposto che non ha fondamento la tesi tradizionalmente liberale, risalente al gold-standard, per la quale la moneta deve essere “scarsa”: siccome non esiste il numero chiuso dei negozi giuridici, e la moneta non è altro che unità di misura del prezzo di un negozio giuridico, finché ci sono potenzialità nell’economia si può emettere moneta.

Non hanno quindi senso i continui richiami al Venezuela e allo Zimbabwe, dato che questi Stati hanno emesso moneta a cazzo, ossia indipendentemente da alcuna valutazione delle potenzialità dell’economia (altro criterio, diciamo keynesiano o MMT è quello del “fino al raggiungimento della piena occupazione”, il che in regime di automazione non mi pare possa un granché funzionare da solo).

In definitiva, volere più Europa mantenendo tutto il sopradescritto ambaradan non ha alcun significato per me. Anzi, io penso che uno Stato continentale, di gigantesca dimensione di scala, quindi, come dicevo nel messaggio precedente, un Impero con tendenze guerrafondaie, sia del tutto indesiderabile.

Sostengo pertanto piuttosto una soluzione confederalista rispettosa degli Stati nazionali e delle specificità (lo so, lo dice ora la Meloni, ma io l’ho detto già nel 2016 in Comitato Nazionale anche con consensi), perché, in un simile contesto, da anarchico, ritengo lo Stato sovrano comunque un contrappeso politico rispetto alle centralizzazioni continentali, in linea con il nuovo concetto di sovranità proposto da Timothy Zick (Are the States Sovereign?, in Washington University Law Review, Vol. 83, Issue 1, January 2005, 228 ss).

Uno Stato a sua volta da rendere confederale, perché non puoi imporre a un napoletano le stesse regole che imponi a un sud-tirolese, non ci vuole molto a capirlo se sei un liberale e libertario dotato di buon senso, che sa riconoscere le specificità e non fa propri universalismi astratti totalmente slegati dalla realtà.

1 commento:

  1. un Impero con tendenze guerrafondaie, sia del tutto indesiderabile.
    Caro Compagno sei un mito.
    La moneta scomparirà come.."... nel museo delle antichità accanto alla rocca per filare e all'ascia di bronzo".
    Spero scompaia presto anche +Europa :-)

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