Dei fondatori dell'ARPL, Vittorio Balbi, Fabio Massimo Nicosia, Dario Farinola, Barbara Lattanzi, Elvira Foscolo, Domenico Foscolo, Luca Maimone, Salvatore Ceraulo, Sonia Tonelli, Fabrizio Romano, Massimo Messina, Francesco Giunta
I lettori di questo blog conoscono già il Partito Libertario, dato che ne
abbiamo pubblicato il Manifesto Costitutivo, quindi rinviamo totalmente alla
lettura di questo. Nel frattempo, Fabio Massimo Nicosia ha pubblicato con
l’editore De Ferrari “Vademecum del Dittatore Libertario – Problemi della
transizione e programma del Partito Libertario”, nel quale egli stesso ha
brevemente tratteggiato i presupposti culturali dell’iniziativa, illustrando
altresì i contenuti più importanti di quel manifesto costitutivo.
Il Partito Libertario è l’unico partito esistente dichiaratamente anarchico, dato
che noi vediamo un futuro privo della statualità, ossia in cui si sia inverato
il superamento della vecchia, e decrepita, istituzione di Westfalia, per
sostituirla con altre istituzioni, come il Common Trust, ispirate a un
paradigma alternativo, ossia che ci si associa per guadagnarci e non per
rimetterci, come avviene invece nelle relazioni con lo Stato.
È anche possibile che abbiano ragione i collapsitarians, per i quali le attuali
istituzioni cadranno prima o poi da sé, e tuttavia noi vogliamo dare una mano accelerazionista
a questo processo con la dottrina del “governo libertario” (icasticamente
indicato come “dittatore libertario”), ossia un governo che guidi lo
smantellamento dell’istituzione monopolistica, e la sua sostituzione con le
nuove istituzioni della libertà e dell’eguaglianza, ossia di un’eguaglianza nei
limiti consentiti dal principio di libertà, come Nicosia ha illustrato nel suo
lavoro “L’eguaglianza libertaria – Contraddizione, conciliazione,
massimizzazione” (Aracne).
Nel “Vademecum” Nicosia si spinge oltre, e parla di un anarchismo con ethos
liberal-socialista, di liberal-socialismo anarchico –quindi né
anarco-capitalismo, né anarco-comunismo-, facendo storcere il naso ad alcuni,
dato che da noi i liberali da Facebook hanno fatto rigidamente propria una
vulgata misesiana e americana, per la quale “socialismo” sarebbe sinonimo di
“statalismo”, buttando a mare tutta una tradizione di socialismo libertario e
antistatalista, incarnata, per fare due nomi, da Proudhon e Benjamin Tucker, i
quali peraltro erano totalmente a favore dell’economia di mercato - come è
tipico dell’anarchismo americano del XIX secolo, con il suo principio di libero
conio -, il che non impedisce loro di combattere i grandi monopoli e oligopoli
che vivono in simbiosi con lo Stato e sono collusi con esso (idiocrazia, da
idion, privato in greco).
Siffatte aspirazioni “sociali” vengono affidate dal Partito Libertario all’idea
della Terra come res communis,
conseguente all’assenza di legittimazione della coazione dell’uno sull’altro
quale fondamento logico del fatto che essi insistono su un bene che è di
entrambi, il che non ha poche conseguenza pratiche: ad esempio, l’odierna res communis di diritto positivo è
il demanio, e contabilizzarlo comporta la possibilità di valorizzarlo
finanziariamente a vantaggio diretto dei cittadini e non dello Stato, posto
che, per la dottrina costituzionalistica, da sempre, il demanio è di titolarità
diretta dei cittadini e non dello Stato, che ne è solo il gestore formale. Del
resto, la contabilizzazione del demanio, che ricomprende il capitale naturale,
sarebbe un formidabile strumento a tutela delle risorse, e quindi dei
cittadini, dei Paesi poveri dell’Africa e dell’Asia, dato che contabilizzare le
loro risorse significa salvaguardarle dalla depredazione.
*****
Il Partito Libertario, che nasce per essere, in una
lontana prospettiva, “partito di governo” e della transizione libertaria, si è
accontentato in una prima fase di essere soprattutto gruppo di elaborazione
culturale, dato che siamo convinti che un partito debba disporre di una
dottrina e di una filosofia politica forte, in antitesi alla realtà dei partiti
di plastica del “pensiero debole”.
Infatti, il Partito Libertario non è composto da velleitari settari, e quindi
ha il senso delle proporzioni. A questo punto, però, è emerso qualcosa che ci
fa capire che una strada concreta è percorribile, del resto in perfetta
sintonia con lo spirito di questo blog, che non a caso si chiama
RadicaliAnarchici.
Il movimento di RadicaliAnarchici nasce a metà degli anni ’10 di questo secolo,
per recuperare un filone sotterraneo della storia italiana del Partito
Radicale, che negli anni ’70 non era neanche tanto sotterraneo, dato che non
pochi giovani dichiaravano di essere al contempo anarchici e radicali, vale a
dire anarchici simpatizzanti del Partito Radicale, e tra questi lo stesso
Nicosia.
Diversi tra i fondatori del Partito Libertario vengono dall’universo radicale,
e sentono ancora un legame personale con quella storia; il fatto è però che
quella storia, tanto più dopo la morte di Pannella, è andata sempre più
degenerando. Di recente, con l’epidemia
in corso, si è superato ogni limite della decenza.
Sia chiaro: lo Statuto di Radicali Italiani continua a porre al primo posto,
come da ultimi lasciti pannelliani, la salvaguardia dello “Stato di diritto”,
o, meglio, “stato di diritto” con la minuscola, nel senso del Rule of law e non dello Staatsrecht, distinzione alla quale
corrisponde quella tra controllo dal basso in nome dei diritti individuali e
controllo dall’alto in nome del potere normativo dello Stato.
Ora, sullo stravolgimento dello “stato di diritto” in
qualsiasi accezione, in corso da oltre un anno in Italia, Radicali Italiani non
ha affrontato adeguatamente queste fondamentali questioni, pur se nell’ultima
mozione generale approvata in congresso viene denunciato "come la pandemia
globale sia stata per molti governi alibi quando non strumento di erosione dei
diritti civili e politici dei cittadini, delle loro libertà fondamentali e di
consolidamento di alcuni regimi antidemocratici" e sottolineato "come
in tutto il mondo la classe politica si stia interrogando sulle conseguenze
sociali ed economiche della pandemia, che si aggiungono agli effetti di decenni
di crisi delle democrazie liberali occidentali".
Ora, a fronte di tutto questo, come può il segretario
di Radicali Italiani Massimo Iervolino rilasciare dichiarazioni, con le quali
sostiene che affermare che nell’emergenza Covid vi siano state violazioni di
diritti costituzionali sarebbe una ”forzatura”? Come può il consigliere
regionale del Lazio Alessando Capriccioli scrivere da un anno su Facebook post
in difesa della costituzionalità dei DPCM, pur senza disporre di alcuna
competenza giuridica particolare e a dispetto di varie sentenze, che iniziano
ad accertare chiaramente il contrario? Né ci è chiaro quali azioni abbia svolto
in Parlamento Riccardo Magi a tutela dell’invocato “stato di diritto”.
Ci rifiutiamo di pensare che lanciare un drone contro
un runner sulla spiaggia sia costituzionale,
che il coprifuoco sia costituzionale, che non potere mettere il naso
fuori casa non violi l’art. 13 Cost., che non potere passare da una regione
all’altra o da un comune all’altro non violi l’art. 16, che multare un anziano
perché si siede sulla panchina, o un giovane perché beve la birra viceversa alzandosi
in piedi rappresentino sanzioni conformi al principio di offensività della
condotta sancito a ogni livello delle carte dei diritti umani, oltre che dalla
Costituzione; che atti amministrativi come i DPCM possano ledere diritti
di rango supremo nella gerarchia delle fonti, trattando un regolamento come
atto extra ordinem di uno stato di
eccezione, nel quale il divieto di manifestazione pubblica del proprio pensiero
diviene regola con la scusa del divieto di “assembramento”.
Ci troviamo in una situazione, che - con il pretesto
dell’emergenza, un’emergenza che dura da un anno e che non ha alcun fondamento
costituzionale, dato che i costituenti si sono ben guardati, consapevolmente,
dall’introdurre istituti simili nella Carta fondamentale - rende addirittura
grottesco l’essere costretti a invocare la Costituzione, dato che lo si fa con
riferimento a diritti minimali dell’essere umano, come camminare, mangiare,
bere, prendere aria; e ciò in una situazione nella quale i tribunali cominciano
a parlare chiaro sull’invalidità di queste ignominie, per non dire di quelli di
altri Paesi, che spesso smantellano i provvedimenti lesivi dei diritti dei
rispettivi governi.
Naturalmente non ci sfugge come ciò non sia
accidentale, ma faccia parte di una più generale strategia di imposizione di
una “nuova normalità”, nella quale i diritti individuali diventano pure
concessioni dall’alto e revocabili a piacere dai governi, in un contesto in cui
la delazione viene costantemente incoraggiata da ministri e “intellettuali” di
corte.
Ebbene, in tale quadro le dichiarazioni del segretario
ci risultano avvilenti, e noi del Partito Libertario, che in buona parte
abbiamo un passato radicale del quale tutelare la dignità, ci sentiamo
moralmente obbligati a entrare o rientrare in Radicali Italiani, per vedere che
cosa si può fare per accrescere salvaguardare i colori che amiamo.
Certo, ci sono molti altri temi da proporre in un ambito
radicale dimostratosi troppo timido, come la libertà di manifestazione del
pensiero sui social network, o
la questione di quella deroga permanente ai diritti costituzionali, che è
rappresentata dai trattamenti sanitari obbligatori, per non parlare del
crescente uso distorto del diritto penale, come nel caso della legge Zan, alla
quale Radicali Italiani non si oppone affatto, subendo supinamente la tendenza
panpenalista, nonostante proprio con Nicosia Riccardo Magi propose nel 2016 un
convegno alla Camera dei deputati per andare oltre il diritto penale, e non
solo oltre il carcere. Vi è poi da ridiscutere tutta la questione del debito,
alla luce di una chiara teoria della moneta e della sua contabilità,
Radicali Italiani non può ridursi a nulla più che una componente sbiadita della
comica sinistra fuxia boldriniana, lasciando disgraziatamente a Salvini e
Meloni l’uso strumentale del linguaggio della libertà, il che rappresenta un
bel suicidio per i radicali, suicido in tal caso dovuto non a coraggio, ma alla
sua mancanza. Non si può calpestare in questo modo il lascito pannelliano, pur
contraddittorio, ma certamente lineare sulle questioni che stiamo affrontando.
Costituire un’associazione radicale-libertaria, coerentemente tale, è quindi
oggi nulla meno che indispensabile.
Buona fortuna a tutti noi.