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lunedì 26 ottobre 2020

A proposito degli anarco-sardine.

di Fabio Massimo Nicosia

Per una migliore comprensione del fenomeno delle anarco-sardine, ossia dei sedicenti anarchici, in genere giovani, favorevoli ai provvedimenti governativi in materia di lockdown e coprifuoco, bisogna fornire un minimo di inquadramento storico.

A mio avviso, occorre partire quantomeno dalla fase della cosiddetta unità nazionale del periodo 1976/1979, quando il Pci entrò nella maggioranza e sostenne governi democristiani. Ecco, come si sa in quel periodo si sviluppò il cosiddetto Movimento del ’77, che, se pure non vide il movimento anarchico ufficiale come componente davvero significativa, dati i numeri, era però un vero e proprio movimento “anarchico”, tant’è che vari osservatori parlarono di rivincita di Bakunin su Marx.

Ora, la componente organizzata forse più vivace di quel movimento fu rappresentata da un’Autonomia Operaia sempre più vicina a posizioni di conciliazione tra anarchismo e marxismo, mentre altri gruppi, come i cosiddetti Indiani Metropolitani, si caratterizzavano per essere esplicitamente libertari. Di fatto, si trattò di un movimento condotto in nome della libertà, nel quale le componenti tradizionali marxiste o marxiste-leniniste svolsero un ruolo subalterno e non egemone.

Ebbene, ciò che caratterizzò il Movimento del ’77 fu il rifiuto di alcuna union sacrée a sinistra, anzi, fu subito chiaro che il Pci era il peggior nemico del movimento stesso, e semmai si cercarono sponde politiche nel Psi e nei radicali (di allora).

Questo, data la strategia di Berlinguer di compromesso storico, che lo portò appunto a sostenere i governi di unità nazionale.

Punito dalle elezioni del 1979, Berlinguer cambiò politica, e cercò di darsi una nuova veste di recupero a “sinistra”, ad esempio difendendo l’occupazione operaia della Fiat nel 1980. Ne seguirono per tutti gli anni ’80 i governi di pentapartito, comprensivi del Psi ed escludenti il Pci, il quale, stando all’opposizione, cercò di recuperare o conquistare un’identità di sinistra.

Naturalmente, l’identità di sinistra che il Pci poteva conquistare era quella sua propria di Pci di stampo togliattiano, e quindi di retorica istituzionale, che aveva raggiunto il culmine tra il 1976 e il 1979, fondata ancora una volta sull’union sacrée antifascista, e così via. Questa identità di sinistra del Pci veniva rinforzata, ad esempio, da una serie di trasmissioni televisive di comici e meno comici, che andavano creando un clima di simpatia tra i giovani di sinistra nei confronti del Pci, totalmente dimentichi di quanto era avvenuto negli anni ’70 (oggi c’è Propaganda live che svolge analoga funzione).

Poi sono avvenute altre vicende, che hanno contribuito a rafforzare questa cultura di cosiddetta sinistra: come ricorda Paolo Ranieri, l’antimafia, in cui l’invocazione giustizialista trovava altri bersagli dopo la stagione del terrorismo, e poi “Mani pulite”, il travaglismo, e così via, che contribuivano a cementare un’identità di sinistra in chiave per nulla libertaria: e poi abbiamo avuto l’antiberlusconismo, nuova union sacrée di una sinistra ormai priva di riferimenti ideologici, così come c’era stato l’anticraxismo.

Gli eredi del Pci, godendo di forza mediatica, riuscirono quindi ad accreditarsi come unica sinistra possibile, annullando quindi dall’orizzonte osservato ogni ipotesi di sinistra libertaria, che invece era ben presente negli anni ’70.

Il culmine di tale strategia si è avuto in tempi recenti con il cosiddetto movimento delle Sardine, ossia un movimento totalmente nullo sul piano dei contenuti, che vengono delegati a inesistenti “esperti”, ma puramente identitario sul piano dello schieramento, ossia l’importante è che si sia “di sinistra” e “antifascisti” (del terzo millennio).

Ecco allora che adesso capiamo chi sono gli anarco-sardine: gente che sente, influenzata da questa propaganda trentennale, il richiamo della foresta identitario della sinistra –il che è del tutto estraneo alla tradizione anarchica-, e quindi in un’union sacrée, che da antifascista, anticraxiana e antiberlusconiana è divenuta, troppo onore vostro onore, antisalviniana, ossia se la prende con un personaggio del tutto irrilevante, difendendo qualsiasi provvedimento repressivo governativo, per il solo fatto identitario appunto che proviene da sinistra (naturalmente si opporrebbe a quegli stessi provvedimenti, se provenissero da un governo di “destra”).

Ora, la libertà non è in sé né di destra, né di sinistra. Gli anarchici classici si sono a suo tempo collocati a sinistra per il semplice fatto che difendevano gli sfruttati dallo Stato e i più sfruttati sono certo i miseri. Ma nel momento in cui viene meno questa ragione storica, in quanto la sinistra di oggi non è certo sinistra dei miseri, cade qualsiasi ragione per sostenere la sinistra a discapito della libertà per il solo fatto del richiamo della foresta sinistrese.

L’anarchico, il libertario sta dalla parte della libertà e stop, e si allea con chiunque contingentemente stia da questa parte, mentre si oppone a chiunque non vi stia, in opposizione a qualsiasi union sacrée o richiamo della foresta sinistrese e antifassista. Questo fa sì che l’anarco-sardina sarà semmai un’articolazione interna alla sinistra governativa, ma non ha nulla a che fare con la libertà e men che meno con l’anarchia; si tratta, al più anarchici per sentito dire, fondamentalmente confusionari tipici di questi tempi.

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