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martedì 6 dicembre 2016

L’Unione Europea tra ordoliberalismo e Stato idiocratico-finanziario

di Fabio Massimo Nicosia

Noi sentiamo parlare di “Europa” soprattutto quando Bruxelles richiama all’ordine l’Italia per non avere “i conti in ordine”, ma, in tal modo, perdiamo di vista in che cosa consista davvero oggi l’istituzione “Europa”.

Va subito detto, però, a tale proposito, che l’atteggiamento dei “burocrati di Bruxelles” appare ottuso, dato che intende il fiscal compact in termini anacronisticamente ragionieristici, e non come una grande occasione storica, per rinnovare i criteri di redazione dei bilanci pubblici; ove si facesse ingresso ai metodi moderni, quelli per intenderci previsti per le grandi società per azioni, il “pareggio di bilancio” sarebbe agevolmente attingibile, trattandosi semplicemente, da un lato, di contabilizzare il valore del demanio –come del resto prevede la legge-, e, d’altro lato, i poderosi diritti immateriali posseduti dagli Stati (potestà concessorie di brevetti, marchi e copyrights, anzitutto, ma anche quei diritti direttamente), evitando di individuare nella tassazione l’unico rimedio ai deficit di bilancio a disposizione dei governi.

Ma qui intendiamo parlare di altro, e cioè di come oggi convivano due diversi volti dell’Europa, in un certo senso logicamente incompatibili tra loro, corrispondente ciascuno a un diverso grado della scala gerarchica normativa; e così, abbiamo, da un lato, i principi supremi fissati dal Trattato, che sono principi di concorrenza e di socialità, anzitutto di concorrenza libera a ogni livello, fatta salva l’eccezione monetaria, anch’essa da rivedere; e, dall’altro lato, abbiamo la produzione alluvionale di regolamenti e direttive, la cui funzione di standardizzazione ordoliberale evoca il tentativo, per molti versi assurdo, di “simulare” la concorrenza perfetta –che la teoria suppone produca standards-, nella realtà invece imponendosi autoritativamente contro la concorrenza possibile.

Senonché, dato che il principio di gerarchia delle fonti non può non operare anche al livello europeo, occorre concludere che siffatte direttive regolatorie –ispirate come si diceva, nell’impostazione, a quell’ordoliberalismo tedesco, che, ove preso alla lettera e imposto ovunque, non può che procurare guasti- sono giuridicamente invalide –void, per usare il linguaggio del diritto comunitario-, proprio per violazione dei principi di libera concorrenza, previsti in primo luogo dal Trattato.

Sicché, a ben vedere, i due volti dell’Europa sono in realtà… quattro: a) l’Europa che ci bacchetta per i conti pubblici, ignorando in toto la tematica demaniale; b) l’Europa del monopolio monetario, contraddizione irrisolta rispetto ai principi concorrenziali del Trattato; c) gli stessi principi supremi di libera concorrenza previsti dal Trattato, che prevalgono su qualunque fonte normativa di rango inferiore; d) il sistema delle direttive ordoliberali e ordoliberiste, in contrasto a loro volta con quell’ispirazione suprema, propria del Trattato.


In definitiva, invece che uno spazio comune di libertà –stante anche la crescente restrizione nella libertà di circolazione delle persone-, ci troviamo di fronte al rischio di un nuovo Leviatano di dimensioni continentali, vale a dire, invece che a un mercato comune aperto, a uno Stato idiocratico-finanziario.

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