di Fabio Massimo Nicosia
La materia dei diritti
umani si presta spesso a discussioni di carattere mistificante, stante quella
che pare la loro debolezza intrinseca, dovuta alla vaghezza della formulazione
di norme di principio così alto in grado nella scala della gerarchia delle
fonti.
La protezione dei
diritti umani viene spesso invocata, del resto, a giustificazione di
aggressioni militari, il che evidenzia il loro ingresso non di rado pretestuoso
nel dibattito politico tra le diverse culture del multiculturalismo che ci troviamo ad affrontare.
Per altro verso, l’invocazione
della necessità di proteggere i diritti umani è facile preda dei giustificatori
dello Stato, o addirittura dello Stato mondiale, una volta che il public goods argument for the State mostra
la corda.
Siccome i diritti umani
coprono lo scibile, le giustificazioni dello Stato mondiale rischiano di
divenire infinite, dalla necessità di proteggere l’ambiente su adeguata
giustificazione di scale, all’esigenza di regolare “equamente” commercio e
imposizione fiscale: non v’è argomento che non possa essere portato a
fondamento dell’interventismo della coercizione, e i “diritti umani” così
intesi molto vi si prestano.
V’è però una via d’uscita,
che consente di dare collocazione pregiata ai diritti umani nella teoria del
diritto, ed è porre l’accento sull’esigenza della loro risarcibilità. Non ha
senso un diritto soggettivo che non sia anche suscettibile di riparazione in
caso di illecita lesione, e allora emerge la qualità dell’elaborazione
dottrinaria in materia di risarcimento del danno, dal danno biologico a quello esistenziale,
dal morale nelle più vaste accezioni, come il danno alla reputazione, alla
personalità, alla vita di relazione e così via.
Ed ecco allora che
anche il diritto umano è in grado di esprimere la propria piena valenza economica, di vero e proprio asset del capitale umano, che viene
attribuito dalle dichiarazioni internazionali dei diritti a ognuno, il quale si
vede legittimato a invocare risarcimento ogni qualvolta un suo diritto umano
risulti leso.
Si tratta di un
approccio nuovo e non statalista alla tutela dei diritti umani, che non
giustifica interventismi dall’alto, ma auto-selezioni dal basso, dato che ogni
qualvolta uno si senta leso deve poter essere messo in condizione di adire le
sedi giurisdizionali, ordinarie o internazionali, al fine di ottenere un
congruo risarcimento, il quale conferisca valenza effettiva a diritti,
diversamente destinati a rimanere flatus
vocis.
Fuori dall’attribuzione
patrimoniale e di capitale non v’è diritto, infatti, ma solo chiacchiera da
salotto televisivo e da propagandisti a molto buon mercato: risarcire il danno
con la grana, medium universale, è
quindi, a nostro avviso, l’unico modo per venire incontro non
mistificatoriamente alla domanda di tutela dei diritti umani, che appare
crescente: occorre però non farsi ingannare.
la crina è scivolosa ma l'obbiettivo è molto saldo
RispondiEliminaMi sembra eccellente e veramente condivisibile! Poiché questo mondo è esclusivamente mosso dal denaro, quest'ultimo deve essere la base di calcolo del congruo risarcimento. La violazione del diritto umano DEVE essere risarcibile! Completamente d'accordo.
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