di Fabio Massimo Nicosia
Con riferimento agli appelli astensionistici del presidente del consiglio Matteo Renzi riguardo al cosiddetto referendum "trivelle", si è giunti a un punto nuovo, se non si vuole enfatizzare definendolo di svolta, con riferimento alla posizione di un governante nell'ambito del cosiddetto Stato di diritto.
C'è spesso un errore di fondo, in questa materia, e cioè che le norme di uno Stato di diritto siano volte a vincolare i cittadini, imponendo loro regole di ogni sorta; si tratta di uno stravolgimento della nozione originaria di Rule of Law, che esprime invece l'esigenza esattamente opposta: ossia che le leggi servano a vincolare il governante a tutela e garanzia dei cittadini.
Che ciò non si verifichi è dovuto all'insufficienza intrinseca degli elementi istituzionali in un sistema monopolistico, dato il quale, il rapporto unisoggettivo per il quale il sovrano lega se stesso è destinato consustanzialmente al fallimento, per il semplice motivo che il sovrano detiene la chiave delle norme che si è date, e quindi può a piacere modificarle, derogarvi e anche violarle.
I meccanismi costituzionali sono volti all'obiettivo che tali attività siano meno "a piacere" di quanto il governante pretenderebbe; oltretutto, in uno Stato democratico, si pretende anche che il "sovrano" sia il popolo, e in quanto tale è a propria volta soggetto a restrizioni, notevoli restrizioni.
Tuttavia, ciò non comporta che il governante, "mandatario" del popolo sovrano, sia un soggetto "libero" nel proprio agire, tutt'altro; egli, semmai, in quanto tale, è vincolato ancor di più nel proprio operato, nell'ambito del sistemi di pesi e contrappesi, previsto da una costituzione.
Ad esempio, la Costituzione repubblicana prevede che il voto elettorale, e quindi anche referendario, sia un "dovere civico"; a molti questa norma, che pure non prevede alcuna conseguenza per chi non eserciti il diritto-dovere di voto, non piace affatto: ma non è compito di un presidente del consiglio stabilire quali norme della Costituzione siano belle e quali brutte, dato che le deve rispettare tutte.
Quando i magistrati criticano una legge, si dice che la devono applicare anche se non piace loro, ma, in questa occasione, il presidente del consiglio non ha parlato a un convegno di studiosi, ai quali narrare i propri desiderata costituzionali, ma era ed è nel pieno esercizio delle proprie funzioni attraverso il potere di "esternazione"; ed egli esterna di continuo, tramite video, tweet e post, che assumono rilevanza giuridica, oltre che politica, come ha già ritenuto in almeno un'occasione il Consiglio di Stato.
Felix Oppenheim ha scritto che "Hitler è stato l'uomo più libero del mondo"; si tratta di un errore di impostazione: un dittatore non è un uomo libero, ma un uomo che esercita potere incontrollato, dato che la libertà è ben altro, ossia uno spazio comune, nel quale ognuno esprime le proprie facoltà non intralciando gli altri, ma consentendo loro di esprimere se stessi a propria volta al meglio, incrementando il proprio benessere reciprocamente.
Va ricordata la battuta, contenuta nel "Salò" di Pasolini, per la quale i fascisti erano degli anarchici, che per essere fino in fondo tali erano stati costretti a impadronirsi dello Stato; naturalmente è poco più di una battuta, per quanto profonda e tale da indurre alla riflessione, dato che il sadico che tortura la vittima è ben difficile definirlo un operatore della libertà e non un oppressore, a meno di non indulgere alla confusione tra i significati delle parole.
Non si vuole paragonare il povero Renzi, né a Hitler -Abatantuono direbbe che non ha lo spessore-, né tampoco al Divin Marchese, e tuttavia gli ricordiamo che compete a lui rispettare la Costituzione, financo, guarda un po', nelle parti che non gli aggradino, ad esempio quella sulla necessità di rispettare il popolo sovrano, i suoi doveri, di voto compreso, dato che è il popolo sovrano che gli paga lo stipendio e i mezzi di comunicazione dai quali straparla.
Infine, una considerazione sul voto; com'è noto, gli anarchici hanno una tradizione astensionista, e tuttavia, qualcuno ha già notato che, nel momento in cui l'astensionismo è espressione di conformismo e non di impegno, astenersi in compagnia dei disimpegnati ha poco senso; certo, può averne, e molto, ad elezioni politiche ed amministrative (peccato che queste consultazioni non prevedano quorum), che propongono ben poco allettanti prospettive: ma astenersi a un referendum, nel quale all'astensione induce chi ha fondato la propria carriera sulla fortuna della ruota della fortuna, merita quantomeno che prima o poi ne esca sfortunato.
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