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lunedì 22 febbraio 2016

Dalla rendita di esistenza all'utile universale

di Fabio Massimo Nicosia

Da tempo è nostra idea che la Terra sia di tutti, e non di nessuno, per ragioni, non di comunità, ma di libertà: nessuno è autorizzato a imporre niente a nessuno, e quindi non mi puoi impedire, sulla base di un criterio di legittimazione che ti inventi tu, e sul quale io potrei non convenire affatto, di fare sulla Terra tutto quello che mi pare.


Che la Terra sia di tutti è un principio molto antico, presente nel pensiero religioso, come in quello liberale, da Ambrogio di Milano a John Locke, fino a Henry George; e persino chi l’ha negato, come Samuele Pufendorf, per il quale il mondo sarebbe res nullius, ha argomentato come fosse esattamente il contrario, riconoscendo a ognuno pari diritti in situazione originaria, detta anche stato di natura.

Da questa premessa abbiamo tratto quella che abbiamo definito “rendita di esistenza”, ossia il diritto di ciascuno di ricavare un differenziale da qualsiasi attività produttiva si svolga sul suolo terracqueo, per la semplice ragione che ogni iniziativa va intesa come da me assentita, diversamente non sarebbe autorizzata, e quindi non può che comportare una corresponsione in favore dei comunisti, che in diritto civile significa comproprietari.

Senonché tale qualificazione in termini renditari appare ora riduttiva, in quanto legata a troppo antiche concezioni economiche, che vedono nel suolo agricoltura, edilizia e semplice insediamento di attività produttive. Al contrario, il suolo è sottosuolo e soprasuolo, sono risorse naturali, lo sono tutti i minerali, fauna e vegetali, lo  sono l’etere e l’atmosfera, le fonti di energia e ogni e qualsiasi materia prima: tutto ciò viene definito oggi capitale naturale: e qualsiasi impresa operante sul mercato ne fa abbondante utilizzo, è suo fattore di produzione in senso tecnico: tutta roba che, in base alla premessa, è anche mia.

Il presupposto va quindi a vantaggio anche tuo e di tutti, perché ognuno è un io; ma per uscire dall’astrazione e dallo sfioramento alla metafisica, basti pensare che non esisterebbero nessun Google e nessun Facebook, se non esistessero i cavi telefonici, o qualsiasi altra cosa possano inventare; ma i cavi telefonici passano per il demanio, che è di tutti per usucapione ab immemorabile, e qualsiasi altra cosa possano inventare sarebbe comunque servitù di passaggio su qualcosa di anche mio (e tuo che leggi).


Ecco allora che siamo tutti azionisti di queste attività, sovranity sharing, dicemmo a suo tempo, e ora diciamo earth sharing; e lo siamo anche in quanto prosumatori, perché questa gente, senza di noi, che usiamo e incrementiamo i loro strumenti, non conterebbe assolutamente nulla, e invece con il nostro generoso contributo accumulano, sulla base di un capitale naturale che è totalmente nostro: insomma, non rompeteci le scatole e dateci la nostra quota di utile: l’utile universale.

5 commenti:

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  2. 1. e se non te lo danno il tuo utile universale che fai? gli spari?
    2. in realtà la tua quota di utile già te la danno: si chiama progresso, si chiama opportunità, si chiama libertà di scelta, ...

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    1. Le risposte arriveranno.
      In un libro di prossima (si fa per dire) uscita.

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  3. Io la vedrei come un rapporto di reciprocità (benefice partagé): io produco la mia quota di utile universale e ricevo la mia quota di utile universale. Se bastasse nascere sul pianeta terra per averne gli utili, allora saremmo lì ancora nelle caverne a morire di fame e di freddo imprecando contro la terra che non ci sfama e non ci protegge. A parte questo, pienamente d'accordo con la tesi che la terra sia di tutti.

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  4. Non concordo con il passaggio pessimistico; parte dal presupposto che l'uomo non sia comunque incentivato ad agire, indipendentemente dall'aspettativa dell'utile "garantito"; esiste anche la molla dell'avidità, o anche solo della propria autorealizzazione, che indurrebbe comunque chi vuole rendersi produttivo a farlo. Poi vi è un incentivo ambientalista a rendersi efficiente: perché meno risorse naturali consumi in relazione alla tua produttività, meno paghi.

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