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domenica 10 gennaio 2016

Le multinazionali vivono di Stato

di Fabio Massimo Nicosia

Nel mondo contemporaneo viviamo spesso un ribaltamento di ruoli, per cui si spaccia per liberista il maggiore tributario –in tutti i sensi- del potere dello Stato, e si considera anti-liberista chi combatte i finto-liberisti. Probabilmente è una battaglia persa, perché il linguaggio si sedimenta, e inseguire tutti e ciascuno per emendarne le pecche logiche è una fatica di Sisifo. Per cui, va bene, sono rassegnato, chiamateli come volete.

Però almeno stiamo ai fatti.

E i fatti ci dicono che oggi non esiste nessunissimo “mercato liberista”, ma solo un gigantesco sistema in cui tutti sono organati, pur quando dotati di forma esteriore privatistica, all’interno dell’apparato pubblico, e vivono di questo, compenetrandosi totalmente “pubblico” e “privato”: noi la chiamiamo “idiocrazia”, dominio privatistico, null’affatto “mercato”. Con la logica conseguenza che più “grosso” è il soggetto, più questo soggetto vive di apparato pubblico, di tasse, di indebitamento, di gestione discrezionale della moneta monopolistica, in una parola di maledetto Stato.
Prendiamo le famose multinazionali, ovviamente nel mirino degli anti-liberisti.

Che cosa abbiano di liberismo e di mercato costoro non è dato di sapere.

Vivono di: commesse belliche; opere pubbliche di ricostruzione post-bellica, concessioni amministrative pubbliche di ricerca energetica; sovvenzioni e sussidi pubblici al petrolio; grandi opere di ogni tipo, fiscalmente finanziate e con l'indebitamento,dagli inutili Expo, alle devastanti Olimpiadi; brevetti su ogni cosa possibile e immaginabile, che creano monopoli coercitivi in danno alla concorrenza; scadenti marchi, che autorizzano i vari “Dolce & Gabbana” e “Louis Vuitton” del cazzo a risparmiare sugli avvocati e sui contributi unificati dei processi, per le cause di concorrenza sleale, perché tanto la lotta all’”abusivismo” la fa, a spese del contribuente, la polizia municipale; copyright che mirano a monopolizzare il web, rallentando lo sviluppo tecnologico e l’open source; brevetti e marchi farmaceutici, per multinazionali che vivono di spesa pubblica sanitaria in danno di Pantalone, sicché i farmaci si moltiplicano, e paga lo Schtato, che lo Schtato “siamo noi”, ma solo quando fa comodo a “loro”.

Al vertice di tutto ciò le banche centrali, anche loro campioni di “liberismo”, chissà in che senso, visto che gestiscono autoritativamente, discrezionalmente, unilateralmente una moneta monopolistica, governando, con la politica monetaria tutto quello che c’è da governare: “rilanciano l’economia” con i loro quantitative easing

Sì, certo, nel senso che spingendo la circolazione monetaria, con la riserva frazionaria, alla fine, l’espansione fa sì che torna in tasse allo Schtato addirittura più moneta di quanta ne sia stata emessa: per cui il cittadino è un animale da soma, che lavora sostanzialmente per produrre tasse, moltiplicando la moneta emessa attraverso i vari passaggi e, e queste tasse vengono poi redistribuite a cascata, ovviamente dall’alto verso il basso, non certo viceversa.

Alla facciaccia dei soliti cretini che credono che lo Schtato serva a “redistribuire il reddito” e che “lo Schtato serve, altrimenti come fanno i poveri, che non hanno più i servizi”. Di questi cretini lo Schtato e i suoi finto privati campano…


Possiamo almeno concludere con una bella sghignazzata, che almeno ci tiriamo su il morale?

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