di Fabio Massimo Nicosia
Nel mondo contemporaneo viviamo spesso un ribaltamento di
ruoli, per cui si spaccia per liberista il maggiore tributario –in tutti i
sensi- del potere dello Stato, e si considera anti-liberista chi combatte i
finto-liberisti. Probabilmente è una battaglia persa, perché il linguaggio si
sedimenta, e inseguire tutti e ciascuno per emendarne le pecche logiche è una
fatica di Sisifo. Per cui, va bene, sono rassegnato, chiamateli come volete.
Però almeno stiamo ai fatti.
E i fatti ci dicono che oggi non esiste nessunissimo “mercato
liberista”, ma solo un gigantesco sistema in cui tutti sono organati, pur
quando dotati di forma esteriore privatistica, all’interno dell’apparato
pubblico, e vivono di questo, compenetrandosi totalmente “pubblico” e “privato”:
noi la chiamiamo “idiocrazia”, dominio privatistico, null’affatto “mercato”.
Con la logica conseguenza che più “grosso” è il soggetto, più questo soggetto
vive di apparato pubblico, di tasse, di indebitamento, di gestione
discrezionale della moneta monopolistica, in una parola di maledetto Stato.
Prendiamo le famose multinazionali, ovviamente nel mirino
degli anti-liberisti.
Che cosa abbiano di liberismo e di mercato costoro non è
dato di sapere.
Vivono di: commesse belliche; opere pubbliche di
ricostruzione post-bellica, concessioni amministrative pubbliche di ricerca
energetica; sovvenzioni e sussidi pubblici al petrolio; grandi opere di ogni tipo, fiscalmente finanziate e con l'indebitamento,dagli inutili Expo, alle devastanti Olimpiadi; brevetti su ogni cosa
possibile e immaginabile, che creano monopoli coercitivi in danno alla
concorrenza; scadenti marchi, che autorizzano i vari “Dolce & Gabbana” e “Louis
Vuitton” del cazzo a risparmiare sugli avvocati e sui contributi unificati dei
processi, per le cause di concorrenza sleale, perché tanto la lotta all’”abusivismo”
la fa, a spese del contribuente, la polizia municipale; copyright che mirano a monopolizzare il web, rallentando lo sviluppo tecnologico e l’open source; brevetti e marchi farmaceutici, per multinazionali che
vivono di spesa pubblica sanitaria in danno di Pantalone, sicché i farmaci si
moltiplicano, e paga lo Schtato, che lo Schtato “siamo noi”, ma solo quando fa
comodo a “loro”.
Al vertice di tutto ciò le banche centrali, anche loro campioni
di “liberismo”, chissà in che senso, visto che gestiscono autoritativamente,
discrezionalmente, unilateralmente una moneta monopolistica, governando, con la
politica monetaria tutto quello che c’è da governare: “rilanciano l’economia”
con i loro quantitative easing?
Sì, certo, nel senso che spingendo la circolazione
monetaria, con la riserva frazionaria, alla fine, l’espansione fa sì che torna
in tasse allo Schtato addirittura più moneta di quanta ne sia stata emessa: per
cui il cittadino è un animale da soma, che lavora sostanzialmente per produrre
tasse, moltiplicando la moneta emessa attraverso i vari passaggi e, e queste
tasse vengono poi redistribuite a cascata, ovviamente dall’alto verso il basso,
non certo viceversa.
Alla facciaccia dei soliti cretini che credono che lo
Schtato serva a “redistribuire il reddito” e che “lo Schtato serve, altrimenti
come fanno i poveri, che non hanno più i servizi”. Di questi cretini lo Schtato
e i suoi finto privati campano…
Possiamo almeno concludere con una bella sghignazzata, che
almeno ci tiriamo su il morale?
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