di Fabio Massimo Nicosia
Una delle giustificazioni dello Stato contemporaneo è che lo
stesso sarebbe indispensabile per la realizzazione dei beni
pubblici, dato il presunto fallimento del mercato in questo
campo: the public good argument for the State.
Il concetto di bene pubblico è così dilatato, ormai, che tutto
diviene argomento di legittimazione dello Stato e del
suo inarrestabile intervento. Per Nozick, ad esempio,
che pure è fautore di uno Stato “minimo”, sarebbero beni
pubblici indivisibili la giustizia e la protezione dei diritti di
proprietà, ma l’argomento era già stato pre-confutato da
Murray Rothbard in “Man, Economy and State” ove si
dimostrava il carattere divisibile del servizio di difesa e
protezione: e ancor prima, fin dalla metà del XIX secolo, da
Gustave de Molinari.
Anche tra gli anarchici classici ci sono state divisioni sul
punto. Errico Malatesta e Merlino, ad esempio, discussero su
come fosse possibile, in anarchia, realizzare una strada, bene
indivisibile e di “monopolio naturale” riuscendo a rimanere
in assenza di istituzioni coercitive. Secondo Merlino ci si
sarebbe dovuti attenere al principio maggioritario e le
minoranze avrebbero dovuto essere costrette in qualche
modo ad accettare le decisioni della maggioranza, pena il
caos. Secondo Malatesta, invece, è pur vero che le
maggioranze avrebbero avuto la meglio, ma a ciò si sarebbe
dovuto addivenire con la persuasione e con il consenso, con
l’abitudine spontanea ad accettare, in società, le statuizioni
dei più.
stesso sarebbe indispensabile per la realizzazione dei beni
pubblici, dato il presunto fallimento del mercato in questo
campo: the public good argument for the State.
Il concetto di bene pubblico è così dilatato, ormai, che tutto
diviene argomento di legittimazione dello Stato e del
suo inarrestabile intervento. Per Nozick, ad esempio,
che pure è fautore di uno Stato “minimo”, sarebbero beni
pubblici indivisibili la giustizia e la protezione dei diritti di
proprietà, ma l’argomento era già stato pre-confutato da
Murray Rothbard in “Man, Economy and State” ove si
dimostrava il carattere divisibile del servizio di difesa e
protezione: e ancor prima, fin dalla metà del XIX secolo, da
Gustave de Molinari.
Anche tra gli anarchici classici ci sono state divisioni sul
punto. Errico Malatesta e Merlino, ad esempio, discussero su
come fosse possibile, in anarchia, realizzare una strada, bene
indivisibile e di “monopolio naturale” riuscendo a rimanere
in assenza di istituzioni coercitive. Secondo Merlino ci si
sarebbe dovuti attenere al principio maggioritario e le
minoranze avrebbero dovuto essere costrette in qualche
modo ad accettare le decisioni della maggioranza, pena il
caos. Secondo Malatesta, invece, è pur vero che le
maggioranze avrebbero avuto la meglio, ma a ciò si sarebbe
dovuto addivenire con la persuasione e con il consenso, con
l’abitudine spontanea ad accettare, in società, le statuizioni
dei più.
A noi pare che entrambe tali posizioni sottovalutino il ruolo
della possibile iniziativa imprenditoriale. Immaginiamo
infatti che un soggetto eserciti la propria alertness (Kirzner)
e individui una domanda latente di beni collettivi (Olson).
Egli potrebbe predisporre un progetto e farsi elicitatore,
superando il dilemma del prigioniero, di una gara d’asta tra
favorevoli e contrari a una data opera pubblica. Si
tratterebbe di una sorta di project financing democratico e di
mercato: immaginiamo infatti che qualcuno si faccia
promotore tra i favorevoli di una raccolta di fondi per
finanziare l’opera, mentre altri si faccia promotore tra i
contrari di altrettanto, per compensare l’imprenditore,
inducendolo a non realizzare l’opera.
Se i contributi dei favorevoli saranno superiori, e sufficienti a
garantirgli un margine di utile, l’imprenditore restituirà ai
contrari i proventi della loro colletta e realizzare l’intervento.
Se saranno superiori i contributi dei contrari, verranno
restituiti i fondi a entrambi, tranne il surplus differenziale
quale compenso dell’iniziativa, e l’opera non verrà realizzata.
Si dirà: perché ricorrere al voto monetario e non a quello
ordinariamente referendario? Perché il voto monetario
misura non solo la scala ordinale delle preferenze, ma anche
quella cardinale, misura, come ricorda l’economista coreano
Ng, anche l’intensità delle preferenze.
Ognuno potrà perciò contribuire non solo in funzione di una
generica predisposizione favorevole o contraria all’opera, ma
anche dell’effettivo coinvolgimento personale sulla sua
realizzazione o non realizzazione.
In tal modo, il mercato si fa compiutamente democratico,
oltre a consentire un’effettiva valutazione costi/benefici
dell’intervento. Si dirà ancora che in tal modo i ricchi
saranno avvantaggiati rispetto ai poveri, dato che potranno
contribuire di più nella direzione da loro auspicata. Ma, a
parte che, come rileva David Friedman, nei quartieri
popolari ci sono più grosse macchine che buone scuole, non
bisogna pensare che i ricchi (a parte ogni nostra
considerazione sulla rendita di esistenza) saranno tutti da
una parte e i poveri tutti dall’altra. Ci saranno ricchi contrari
e ricchi favorevoli, poveri contrari e poveri favorevoli.
oltre a consentire un’effettiva valutazione costi/benefici
dell’intervento. Si dirà ancora che in tal modo i ricchi
saranno avvantaggiati rispetto ai poveri, dato che potranno
contribuire di più nella direzione da loro auspicata. Ma, a
parte che, come rileva David Friedman, nei quartieri
popolari ci sono più grosse macchine che buone scuole, non
bisogna pensare che i ricchi (a parte ogni nostra
considerazione sulla rendita di esistenza) saranno tutti da
una parte e i poveri tutti dall’altra. Ci saranno ricchi contrari
e ricchi favorevoli, poveri contrari e poveri favorevoli.
D’altra parte, non si tratterà solo di pagare direttamente di
tasca propria, ma anche di far valere la propria capacità
imprenditoriale nell’acquisire finanziamenti in una direzione
o nell’altra.
Un ulteriore vantaggio è che, mentre nel voto referendario,
sarebbero verosimilmente coinvolte solo le popolazioni
direttamente interessate, soggette alla sindrome “non nel
mio giardino”, con il voto finanziario potrebbero partecipare
alla decisione tutti coloro i quali si auto-selezionassero come
in qualche modo interessati o che si sentissero coinvolti
nell’iniziativa, in senso vuoi favorevole, vuoi contrario.
Quale sarà, del resto, la concreta conseguenza di un simile
modo di procedere? Come si è detto, l’opera sarà
assoggettata a una verifica costi/benefici quale nessun’opera
pubblica richiede oggi all’intervento coattivo dello Stato, che
realizza interventi improntati a ragion politica e non a
efficienza, tanto più occultando i costi nella fiscalità
generale, e quindi dando molte volte la falsa impressione
della gratuità per opere spesso inutili (si veda la Bre.Be.Mi.) e altamente costose.
modo di procedere? Come si è detto, l’opera sarà
assoggettata a una verifica costi/benefici quale nessun’opera
pubblica richiede oggi all’intervento coattivo dello Stato, che
realizza interventi improntati a ragion politica e non a
efficienza, tanto più occultando i costi nella fiscalità
generale, e quindi dando molte volte la falsa impressione
della gratuità per opere spesso inutili (si veda la Bre.Be.Mi.) e altamente costose.
Ne deriva che, in un siffatto meccanismo di mercato
democratico, è impensabile che si realizzino, ad esempio,
centrali nucleari (l’imprenditore dovrebbe farsi carico di
costi di assicurazione incommensurabili, internalizzare per
intero i costi di smaltimento delle scorie, etc., tutti costi che
oggi vengono minimamente considerati nel computo del
costo sociale dell’iniziativa); come la T.A.V. Torino-Lione,
palesemente fuori tempo in un quadro internazionale di
comunicazioni aeree, per la quale dovrebbero considerarsi i
costi immani della perforazione delle montagne, oggi
gravanti sul contribuente ignaro, dello smaltimento
dell’amianto rinvenuto, etc.
democratico, è impensabile che si realizzino, ad esempio,
centrali nucleari (l’imprenditore dovrebbe farsi carico di
costi di assicurazione incommensurabili, internalizzare per
intero i costi di smaltimento delle scorie, etc., tutti costi che
oggi vengono minimamente considerati nel computo del
costo sociale dell’iniziativa); come la T.A.V. Torino-Lione,
palesemente fuori tempo in un quadro internazionale di
comunicazioni aeree, per la quale dovrebbero considerarsi i
costi immani della perforazione delle montagne, oggi
gravanti sul contribuente ignaro, dello smaltimento
dell’amianto rinvenuto, etc.
Si consideri, inoltre, che essendo affidata l'opera al
finanziamento volontario, ciò non solo non esclude, ma al
contrario favorisce campagne di opinione pro o contro
l'opera stessa, sicché sono immaginabili mobilitazioni
politiche "non monetarie", volte a persuadere le persone e gli
operatori a non finanziare l'opera; sicché il dibattito, lungi
dall'essere compresso, risulterebbe esaltato.
La nostra proposta, in ogni caso, ci pare meno macchinosa di
quella avanzata da David Friedman, per la quale
l’imprenditore, per realizzare opere pubbliche nel mercato e
superare l’eventuale frustrazione da free-riding, dovrebbe
acquistare tutte le terre interessate e poi rivenderle a prezzo
maggiorato, dati i superiori costi di transazione insiti in
quest’ultimo tipo di proposta.
Nessun commento:
Posta un commento