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mercoledì 11 novembre 2015

La teoria monetaria anarchica di Friedrich von Hayek

di Fabio Massimo Nicosia

Friedrich August von Hayek è dai più considerato un liberale, liberista e conservatore, noto soprattutto come presunto ispiratore di Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Naturalmente nessuno dei due era “hayekiano” in alcun modo, tuttavia si sa che le etichette che impongono i mass-media sono quelle che resistono di più; e, del resto, i politici hanno bisogno di farsi belli, dando mostra che i loro “spin doctor” hanno pur letto la quarta di copertina di qualche libro.

La verità è invece che Hayek, contraltare storico di Keynes, è stato l’ultimo grande esponente della scuola austriaca di economia nata con Menger, la quale ha avuto tra i propri primi grandi estimatori, non per caso, Francesco Saverio Merlino, che individuava in essa nientedimeno che i fondamenti di una possibile teoria del valore socialista-libertaria, da contrapporre all’antico valore-lavoro, recepito poco criticamente da Marx.


Combinando soggettivismo con marginalismo, Menger poneva le basi per una possibile combinazione tra elementi individuali ed oggettivi nell’economia, e quindi nella società, ben prestandosi appunto a un’ipotesi socialista anti-statalista quale quella di Merlino.

Hayek, in particolare, ha sviluppato una teoria degli “ordini spontanei”, secondo la quale non occorre alcuna legislazione unilaterale da parte dello Stato, per conferire in catallassi l’ordine al mondo, in concordia del resto con il motto proudhoniano “la libertà è la madre, non la figlia, dell’ordine”.

Senonché capita che Hayek, già da un paio d’anni premio Nobel, si scopre in vecchiaia rivoluzionario, e arriva alla conclusione che se il mercato è in grado di realizzare qualunque bene e servizio sulla base dell’incontro tra domanda e offerta, non si comprende perché ciò non debba valere anche per l’istituto principe del mercato, la moneta, e pubblica, nel 1976, “La denazionalizzazione della moneta” (Etas, 2001): la moneta costituisce oggetto di mercato, risultando calata in esso, invece che costituirne presupposto: un radicale cambiamento di paradigma, come si vede.

In realtà gli anarchici sanno che il tema è da sempre interno alla propria tradizione, al proprio “paradigma”: dal credito proudhoniano, al free-coinage degli anarchici americani del XIX secolo. Il tema è stato poi ripreso dagli anarco-capitalisti, ma Murray Rothbard  è sempre stato molto più arretrato di Hayek: fissato con il gold-standard, con il riferimento aureo quale unico parametro certo. E infatti accusava Benjamin Tucker e Lysander Spooner di “monetaromania” proudhoniana, mentre il fissato, auromane, era proprio lui.

Hayek era l’esatto opposto. Egli sviluppava sì una polemica tanto con gli “aggregati” keynesiani, quanto con il monetarismo costituzionalistico, ma sempre amministrativo e discrezionale, quindi statalistico, di Milton Friedman; ma anche con il dogma, durissimo a morire, che “la moneta deve essere scarsa”, che è il fondamento del gold-standard. Si noti il carattere davvero dirompente dell’affermazione, perché è ovvio che se la moneta è, “per definizione”, scarsa essa diventa moneta di classe (solo pochi possono disporre di una risorsa scarsa, escludendo gli altri), mentre se si entra nell’ordine di idee che la moneta possa essere “abbondante”, si aprono scenari imprevisti nella direzione delle distribuzione della ricchezza, ma in chiave non “redistributiva”, ossia autoritaria, ma libertaria e dal basso attraverso il libero conio.

Si dirà che tutto ciò comporterebbe inflazione, ma l’inflazione non c’entra nulla, trattandosi di fenomeno proprio di una moneta monopolistica: invece, nella proposta della libertà di conio, non ci sono masse monetarie prestabilita, e la quantità tende all’infinito, ma diviene possibile scegliere tra le tante monete disponibili: ad esempio, crescono sempre di più situazioni comunitarie, di città, di quartiere, ognuna con la propria moneta locale sulla base di criteri warreniani o geselliani, e nessuno parla a tale proposito di inflazione.

E nascono le cripto-valute virtuali, e accanto al bitcoin ne sono note almeno un centinaio: monete libere, anonime, fuori dal controllo e dell’amministrazione autoritaria delle banche centrali, degli istituti bancari che, oltretutto -oltre a distillare il credito a gocce sulla base di criteri “politici” e non economici-, attraverso i resoconti delle carte di credito, controllano ogni nostro minimo movimento con il pretesto securitario e tributario; ovviamente pretendendo il pizzo (la “commissione”), moderna riesumazione dell’antica “tosatura” sovrana della moneta aurea.

E però, qui sta il bello, Hayek era più avanzato dello stesso bitcoin! Infatti quest’ultimo non mostra ancora di saper approfittare del carattere virtuale della moneta elettronica, e resta ancorato al dogma della limitatezza: dogma che ha poco senso, se, appunto, accanto al bitcoin ci sono attualmente almeno cento concorrenti elettronici e virtuali di cui si conosce la quotazione.

Hayek proponeva di porre a fondamento della provvista monetaria “panieri di beni”, con riferimento alla quotazione di determinati prodotti, come alternativa all’oro; e ogni istituto di emissione libera può scegliere il proprio paniere di riferimento. In realtà, in ultima analisi, si tratta pur sempre di prodotti nati dalla Terra, per cui si tratta pur sempre di varianti di quello che chiamiamo groundstandard: ossia una moneta ancorata al valore di tutto quanto viene prodotto sul globo terracqueo: ed è chiaro che, al culmine di un simile processo, diventando la futura moneta virtuale, anche disancorata da alcun paniere, infinita, si arriva a un passo dalla gratuità: con conseguente “presa nel mucchio”, approdi dell’automazione permettendo…

P.S. Questo scritto non è stato pubblicato da A - Rivista Anarchica, con la motivazione che sarebbe "incomprensibile a chi già non conosca dettagliatamente la materia".


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