di Fabio Massimo Nicosia
Friedrich August von Hayek è dai
più considerato un liberale, liberista e conservatore, noto soprattutto come
presunto ispiratore di Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Naturalmente nessuno dei due era
“hayekiano” in alcun modo, tuttavia si sa che le etichette che impongono i
mass-media sono quelle che resistono di più; e, del resto, i politici hanno
bisogno di farsi belli, dando mostra che i loro “spin doctor” hanno pur letto la
quarta di copertina di qualche libro.
La verità è invece che Hayek,
contraltare storico di Keynes, è stato l’ultimo grande esponente della scuola
austriaca di economia nata con Menger, la quale ha avuto tra i propri primi
grandi estimatori, non per caso, Francesco Saverio Merlino, che individuava in
essa nientedimeno che i fondamenti di una possibile teoria del valore
socialista-libertaria, da contrapporre all’antico valore-lavoro, recepito poco criticamente
da Marx.
Combinando soggettivismo con
marginalismo, Menger poneva le basi per una possibile combinazione tra elementi
individuali ed oggettivi nell’economia, e quindi nella società, ben prestandosi
appunto a un’ipotesi socialista anti-statalista quale quella di Merlino.
Hayek, in particolare, ha
sviluppato una teoria degli “ordini spontanei”, secondo la quale non occorre
alcuna legislazione unilaterale da parte dello Stato, per conferire in
catallassi l’ordine al mondo, in concordia del resto con il motto proudhoniano
“la libertà è la madre, non la figlia, dell’ordine”.
Senonché capita che Hayek, già da
un paio d’anni premio Nobel, si scopre in vecchiaia rivoluzionario, e arriva
alla conclusione che se il mercato è in grado di realizzare qualunque bene e
servizio sulla base dell’incontro tra domanda e offerta, non si comprende
perché ciò non debba valere anche per l’istituto principe del mercato, la
moneta, e pubblica, nel 1976, “La denazionalizzazione della moneta” (Etas,
2001): la moneta costituisce oggetto
di mercato, risultando calata in esso, invece che costituirne presupposto: un radicale cambiamento di
paradigma, come si vede.
In realtà gli anarchici sanno che
il tema è da sempre interno alla propria tradizione, al proprio “paradigma”:
dal credito proudhoniano, al free-coinage
degli anarchici americani del XIX secolo. Il tema è stato poi ripreso dagli
anarco-capitalisti, ma Murray Rothbard è
sempre stato molto più arretrato di Hayek: fissato con il gold-standard, con il riferimento aureo quale unico parametro
certo. E infatti accusava Benjamin Tucker e Lysander Spooner di “monetaromania”
proudhoniana, mentre il fissato, auromane, era proprio lui.
Hayek era l’esatto opposto. Egli
sviluppava sì una polemica tanto con gli “aggregati” keynesiani, quanto con il
monetarismo costituzionalistico, ma sempre amministrativo e discrezionale, quindi
statalistico, di Milton Friedman; ma anche con il dogma, durissimo a morire,
che “la moneta deve essere scarsa”, che è il fondamento del gold-standard. Si noti il carattere
davvero dirompente dell’affermazione, perché è ovvio che se la moneta è, “per
definizione”, scarsa essa diventa moneta
di classe (solo pochi possono disporre di una risorsa scarsa, escludendo
gli altri), mentre se si entra nell’ordine di idee che la moneta possa essere
“abbondante”, si aprono scenari imprevisti nella direzione delle distribuzione
della ricchezza, ma in chiave non “redistributiva”, ossia autoritaria, ma
libertaria e dal basso attraverso il libero conio.
Si dirà che tutto ciò
comporterebbe inflazione, ma l’inflazione non c’entra nulla, trattandosi di
fenomeno proprio di una moneta monopolistica: invece, nella proposta della
libertà di conio, non ci sono masse monetarie prestabilita, e la quantità tende
all’infinito, ma diviene possibile scegliere tra le tante monete disponibili:
ad esempio, crescono sempre di più situazioni comunitarie, di città, di
quartiere, ognuna con la propria moneta locale sulla base di criteri warreniani
o geselliani, e nessuno parla a tale proposito di inflazione.
E nascono le cripto-valute
virtuali, e accanto al bitcoin ne
sono note almeno un centinaio: monete libere, anonime, fuori dal controllo e
dell’amministrazione autoritaria delle banche centrali, degli istituti bancari
che, oltretutto -oltre a distillare il credito a gocce sulla base di criteri
“politici” e non economici-, attraverso i resoconti delle carte di credito,
controllano ogni nostro minimo movimento con il pretesto securitario e
tributario; ovviamente pretendendo il pizzo (la “commissione”), moderna
riesumazione dell’antica “tosatura” sovrana della moneta aurea.
E però, qui sta il bello, Hayek era più avanzato dello stesso bitcoin! Infatti quest’ultimo non mostra
ancora di saper approfittare del carattere virtuale della moneta elettronica, e
resta ancorato al dogma della limitatezza: dogma che ha poco senso, se, appunto,
accanto al bitcoin ci sono
attualmente almeno cento concorrenti elettronici e virtuali di cui si conosce
la quotazione.
Hayek proponeva di porre a
fondamento della provvista monetaria “panieri di beni”, con riferimento alla
quotazione di determinati prodotti, come alternativa all’oro; e ogni istituto
di emissione libera può scegliere il proprio paniere di riferimento. In realtà,
in ultima analisi, si tratta pur sempre di prodotti nati dalla Terra, per cui si
tratta pur sempre di varianti di quello che chiamiamo groundstandard: ossia una moneta ancorata al valore di tutto quanto
viene prodotto sul globo terracqueo: ed è chiaro che, al culmine di un simile
processo, diventando la futura moneta virtuale, anche disancorata da alcun
paniere, infinita, si arriva a un passo
dalla gratuità: con conseguente “presa nel mucchio”, approdi dell’automazione
permettendo…
P.S. Questo scritto non è stato pubblicato da A - Rivista Anarchica, con la motivazione che sarebbe "incomprensibile a chi già non conosca dettagliatamente la materia".
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