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mercoledì 4 novembre 2015

I frutti malati della follia "legalizzatrice"

di Fabio Massimo Nicosia


Val la pena di prendere spunto dagli "argomenti" portati di recente a sostegno della proposta di abolizione del contante, per sviluppare ulteriori considerazioni.

Alcuni radicali sono stati mentalmente corrotti dalla fissazione che "tutto deve essere legalizzato".

Ora, premesso che il cosiddetto principio di legalità liberale comporta che la costituzione e la legge imbriglino il potere, sia pure riuscendoci poco, e non il cittadino, che invece è imbrigliato dalla selva normativa inestricabile, dire che una cosa è "legale" può significare due cose molto diverse: 

a) o che è un tuo diritto compiere un'azione, secondo il criterio dell'agere licere, per cui si può compiere direttamente un'azione senza renderne conto a nessuno: in questo caso "legale" è sinonimo di legittimo nel senso di "lecito";

b) ovvero che la legge disciplina, "regolamenta" una qualche attività.

Un libertario si batte per ampliare il novero delle attività sub a), non delle attività sub b).

Tanto meno si batte perché le attività sub a) passino sub b).

Ad esempio, grattarsi il naso rientra nelle attività sub) a: il rischio grosso è che i fautori impazziti del "legalizziamo tutto" vogliano trasportare il grattarsi il naso da a) a b).

Si prenda l'esempio dell'ayahuasca, che è attualmente sub a), ma che certamente qualcuno presto dirà di portare sub b), se non, più verosimilmente, sub c), ossia sostanzialmente vietarla, sanzionandone distribuzione, se non impiego.

Quantomeno si proporrà di porre tutta una serie di vincoli soggettivi e oggettivi, dei quali non si sente la mancanza: in un caso come questo, "legalizzare" significa introdurre una serie di regole burocratiche e poliziesche assolutamente non necessarie.

Non si comprende poi perché la cannabis non possa essere sottoposta allo stesso regime giuridico dell'ayahuasca, e quindi ricondotta ad a), invece di tenerla in bilico tra b) e c), come fa la proposta di legge dell'intergruppo parlamentare di Benedetto della Vedova.

Esempio eclatante è il caso della prostituzione, attualmente tutto sommato libera, visto che non è reato né prostituirsi, né fruirne, che i progetti di legge di folle "legalizzazione" pendenti assoggettano a regole assurde, compresa l'iscrizione delle prostitute all'albo delle Asl, con conseguente marchio di infamia: con l'ulteriore conseguenza che una signora o signorina (vale ovviamente anche per i maschi), la quale accetti di fornire una prestazione sessuale in concomitanza con l'offerta di cena, o borsetta o paio di scarpe, verrà punita dallo Stato "legalizzatore" con sanzioni di carattere misto morale-giuridico.

Si fanno delle cose davvero da matti, senza rendersi conto delle conseguenze da matti che si producono.

O forse lo sanno fin troppo bene, tutte le volte che alla follia "legalizzatrice" si accompagna, da parte del potere, la volontà di pervasività nei confronti delle persone e della società.

2 commenti:

  1. Nel caso delle prostitute l'iscrizione all'Asl servirebbe soprattutto per controlli sanitari,cioè per assicurarsi che non contraggano aids od altre malattie infettive...

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  2. Vedremo file di escort e di clandestine alla Asl, immagino

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