Con questo titolo è stata pubblicata sul numero 401, ottobre 2015, una lettera di Fabio Massimo Nicosia. Le ultime tre righe, contenute nell'originale, non sono state pubblicate nella Rivista.
Cari compagni, scrivo per esprimere un’insoddisfazione, che
mi coglie ogni qualvolta il nostro giornale parla di temi economici.
Mi pare infatti che faccia difetto una critica anarchica dell’economia dominante, e che
si esprimano sempre posizioni subalterne rispetto a quelle della sinistra
statalista.
Mi riferisco in particolare alla polemica nei confronti del
cosiddetto “neo-liberismo”.
Premetto che, a mio avviso, un anarchico, indipendentemente
dalla scuola di appartenenza, non può che essere “liberista”, ossia favorevole
alla libertà in ogni campo, e quindi anche in campo economico. Tertium non datur, o si ritiene che
ognuno sia libero di intraprendere come vuole, anche a livello di comunità,
ovvero si ammette che vi sia un’autorità, la quale sia incaricata di stabilire
quando si possa intraprendere e quando no.
Lungi da me difendere gli attuali capitalisti, soprattutto
quelli di grande dimensione. Solo che mi aspetterei che, in una rivista
anarchica, si mettesse di più in luce come tale grande capitale sia in primo
luogo complice del gigantesco potere dello Stato per accumulare ingiusti
profitti.
Non v’è oggi grande impresa che non sia ammanicata, in un
modo o nell’altro, con lo Stato. Si pensi all’industria degli armamenti,
all’energia (trilioni di dollari di sussidi alle industrie petrolifere, con
ogni conseguenza in termini di attentato all’ambiente), alla grande finanza too big to fail, ai grandi concessionari
di opere pubbliche, ma anche alle industrie statualmente protette da brevetti,
marchi e copyright.
Esiste poi la questione del monopolio della moneta;
questione tanto più attuale alla luce delle vicende relative allo strapotere
della BCE e di altre banche centrali. Che cosa hanno da dire gli anarchici su
questo argomento? Marx ha scritto migliaia di pagine sul denaro senza
accorgersi che stava trattando un monopolio statale e non un prodotto del
mercato, mentre invece Proudhon, Warren e Tucker se ne erano accorti. Perché
non valorizzare tale filone? Del resto, anche nel più estremo dei comunismi vi
sarà libertà di concorrenza, perché gli uomini sono ontologicamente divisi,
anche se interagenti in una Terra comune. L’opposto di comunismo non è
capitalismo, ma monopolio. Il capitalismo è la fase di passaggio tra il
monopolio e il comunismo, e questo Marx l’aveva appena intuito negli accenni “anarco-capitalisti”
dei Grundrisse.
Oggi non vige nulla di tutto ciò, non abbiamo alcun
liberismo, vecchio o nuovo, ma solo idiocrazia (da “idion”, “privato” in greco),
ossia il dominio di signori privati che usano la forza per sottrarsi alla
concorrenza.
E’ tutto ciò “liberismo”, vecchio o nuovo? Ovviamente no, si
tratta di una nuova forma di statalismo, e va denunciato come tale, altrimenti
non avrebbe senso leggere una rivista bella come “A”: basterebbe il
“Manifesto”.
Saluti libertari
Fabio Massimo Nicosia
Mi piace la prima parte, ma non capisco in che senso il capitalismo sarebbe la transizione al comunismo. Di quale tipo di comunismo stiamo parlando?
RispondiEliminaPer comunismo si intende la fase suprema, quella senza Stato, per Marx la fase transitoria, ancora con lo Stato, si chiama socialismo.
EliminaComunismo opposto di monopolio, perché monopolio è proprietà di uno solo, mentre comunismo è proprietà di tutti.
Il monopolio è la proprietà di tutto, quella di uno solo è semplicemente una proprietà individuale. Tante proprietà individuali non sono un monopolio, la proprietà collettiva di tutto è un monopolio. Il comunismo è intrinsecamente monopolista.
EliminaInfatti per monopolio si intendeva uno solo proprietario di tutto, uno statalismo al massimo grado: ad esempio il dispotismo orientale di cui parlava Wittfogel. Il capitalismo, diffondendo la proprietà (ma non a tutti), rompe questo monopolio e, concettualmente, si propone come "transizione" verso la proprietà da parte di tutti.
EliminaPer Marx il comunismo (non quella cosa di cui parlano i giornali) è lo sbocco (inevitabile) del capitalismo pienamente sviluppato. Internet ad esempio è comunismo. La scienza, il metodo scientifico e i suoi risultati sono comunismo (vedi Robert K. Merton). Uno dovrebbe leggere i Manoscritti economico-filosofici del '44 e la Critica del programma di Gotha per farsi una prima idea.
RispondiEliminaGood reeading this post
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