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venerdì 25 settembre 2015

Ma gli anarchici devono essere liberisti?

Con questo titolo è stata pubblicata sul numero 401, ottobre 2015, una lettera di Fabio Massimo Nicosia. Le ultime tre righe, contenute nell'originale, non sono state pubblicate nella Rivista.

Cari compagni, scrivo per esprimere un’insoddisfazione, che mi coglie ogni qualvolta il nostro giornale parla di temi economici.
Mi pare infatti che faccia difetto una critica anarchica dell’economia dominante, e che si esprimano sempre posizioni subalterne rispetto a quelle della sinistra statalista.
Mi riferisco in particolare alla polemica nei confronti del cosiddetto “neo-liberismo”.

giovedì 24 settembre 2015

Il “diritto soggettivo” come privilegio tra concessione ed espropriazione


di Fabio Massimo Nicosia

Nella nostra realtà c’è sempre qualcuno che rivendica vecchi e nuovi “diritti”: civili, sociali, pubblici, privati, di "cittadinanza".
La cosa è ben fatta, perché più diritti ci sono meglio è, senza andare tanto per il sottile, a condizione che ci si sforzi di rispettare il criteri di restrizione dell’universalizzazione; e ciò anche se si direbbe che, mentre alcuni “diritti” limitano l’invadenza dello Stato, altri, per come vengono attualmente configurati, l’incrementano, sicché, con riferimento a tale seconda ipotesi, si richiederebbe la riformulazione dell’approccio. In ogni caso, più diritti si pretendono, più si accresce il tasso di caoticità, quindi si tratta di cosa buona e giusta nella direzione dell’implosione del sistema.
Tuttavia, tali considerazioni di carattere estremamente pratico non possono impedirci di vedere i “diritti” per quello che sono in realtà e in termini di teoria generale: dei “privilegi”.

domenica 13 settembre 2015

Valore-lavoro, costo come limite del prezzo, concorrenza e proprietà calata nel mercato

di Fabio Massimo Nicosia

Occorre muovere dalla considerazione che il valore-lavoro ricardiano e marxiano  in realtà non sfugge alla legge della domanda e dell’offerta, dato che se uno produce un dato bene con il proprio lavoro è perché presuppone che vi sia una domanda al riguardo, diversamente non lo produrrebbe (così interpretiamo la tesi a suo tempo espressa da Adolphe Landry).
Nessuno produce un bene, affrontandone dunque i costi, se nessuno desidera quel bene, a meno che non si tratti di un’ipotesi di autoconsumo, e quindi il valore è comunque sempre determinato dall’apprezzamento soggettivo, dall’utilità di chi si presume vorrà acquistarlo.