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sabato 20 giugno 2015

Rom: abbiamo fondato la nostra casa su nulla

di Luca Garjan Maimone

E’ necessaria anzitutto qualche osservazione preliminare sul falso problema della cosiddetta “emergenza Rom”, che i media stanno tanto enfatizzando e su cui vampirescamente favoleggia il signor “Sottovuoto Spinto” Matteo Salvini, come lo ha recentemente ben definito Michele De Lucia nel suo ultimo libro, dedicato proprio al leader della Lega.

Che l’emergenza Rom sia una bufala montata ad arte per spaventare parte dell’opinione pubblica già impaurita e incattivita, risulta evidente appena si ricorre al raziocinio ed ai dati demografici: infatti la popolazione Rom (suddivisa in Rom e Sinti) consta in Italia di 180.000 persone, lo 0,25 della popolazione nazionale, una delle percentuali più basse d’Europa; di cui oltre il 60% vive in abitazioni fisse e solo la parte restante vive nei cosiddetti “campi nomadi”, attrezzati o abusivi. Questa dei campi nomadi, locuzione che esprime una fortissima contradictio in adiecto, è d’altronde un’anomalia tutta italiana.


Infatti il rapporto 2014 stilato dall’Associazione 21 luglio afferma che: “nel 2014 la costruzione e la gestione dei campi rom continua a essere un’eccezione italiana nel quadro europeo. Tali politiche hanno comportato voci di spesa elevatissime senza far registrare alcun miglioramento nelle condizioni di vita di Rom e Sinti, ma ne hanno sistematicamente violato i diritti umani”. Gli abitanti di tali campi invero sono costretti a vivere in “edifici” fatiscenti ed in condizioni molto al di sotto degli standard di sicurezza e di igiene internazionali.

Tali pratiche abitative, oltre che violare i diritti basilari delle persone, hanno nel corso degli anni accentuato ancor più il fenomeno di segregazione e ghettizzazione, cui da secoli sono sottoposti i Rom. Se ne evince il modo in cui molto spesso agisce la politica italiana: prima crea il problema o lo accresce, e poi quando anche i ritorni economici stanno per esaurirsi, fa emergere il caso, senza alcuna onesta assunzione di responsabilità. Quindi oltre che demagogiche, le imprecazioni del sig. Salvini sono totalmente inutili e fallaci; ciò che urge è una politica civile e democratica di integrazione e convivenza.

Va ricordato, quasi retoricamente, che i Rom non provengono dalla Romania, cui sovente (per mera assonanza nominativa e pigrizia culturale) sono associati, ma da una delle terre più antiche e ricche del mondo, la grande madre India che tanto ha donato alla storia del mondo: dalla filosofa all’arte, dalla musica alla religiosità come sentimento profondo, dalla linguistica alla creazione dei numeri- importati dagli arabi nel mondo occidentale ma non creati da questi. Quindi da ciò deriva non solo il colore olivastro della loro pelle, ma anche il rispetto che a parer mio merita uno dei popoli più antichi del mondo , che viveva nel nord del sub-continente indiano e che parla una lingua, il romanì che è un vernacolo di uno tra gli idiomi più affascinati ed eleganti che siano mai esistiti, il sanscrito.

Tale lingua, essendo tramandata oralmente per oltre dieci secoli, si è impreziosita dei tanti idiomi con cui è venuta in contatto, come il persiano, l’armeno, il curdo, il greco e l’armeno ed in Europa si è arricchita dei vocaboli delle lingue e dei dialetti delle popolazioni ospitanti, a seconda del percorso seguito dall’etnia Rom. E facendo nostra la riflessione del filosofo e linguista tedesco von Humboldt, il quale affermava che ogni lingua porta in sé una Weltanschauung, si immagini quanto ricca, intrigante e complessa sia la visione del mondo sottostante alla lingua romanì.

Come ha scritto recentemente in un lucido articolo Luigi Manconi, si sta facendo del popolo Rom “il perfetto capro espiatorio”: quale “nemico”, infatti, potrebbe essere così perfetto nell’essere bersaglio di pregiudizi e luoghi comuni come lo “zingaro”? in una società in cui la paura indotta ed alimentata nei confronti dello straniero è messa in atto ad arte, quale “intruso”  genera sentimenti così forti di fastidio, se non addirittura repulsione, anche in chi si considera sinceramente democratico e tollerante?

Alla base c’è, a parer mio, una diffidenza recondita che il sedentario nutre nei confronti del nomadico - sebbene i Rom in larga parte abbiano rinunciato alle loro caratteristiche errabonde – e resta un’invidia celata dello stanziale, recluso nei suoi edifici asfittici e che difende la sua franante sicurezza dall’attrazione inconscia per lo spazio sconfinato e dal vagabondare senza pesi: cosa che mi fa pensare alla bellissima sentenza di Nietzsche che affermava che “il lupo è sempre una vergogna per il cane”.

Le discriminazioni che il popolo Rom ha subito nel corso dei secoli sono state innumerevoli, ed in ciò si può notare lo scontro eterno tra lo spirito apollineo (logico e razionale, difensore della forma) e quello dionisiaco (estatico ed umbratile, propagatore dell’enthusiasmòs) ed i tentativi dei “puri” di ogni epoca di sopprimere, estirpare, cancellare ogni alterità ed eccezionalità.

Nel medioevo, ad esempio, il loro nomadismo era considerato “maledizione di Dio”, il loro lavorare e forgiare metalli, nel pensiero superstizioso dell’epoca, era ritenuto pratica riconducibile alla magia ed il dedicarsi ad arti divinatorie, come tarocchi e letture della mano, li rendeva dediti a frequentazioni diaboliche e stregonesche. Infine il loro amore per la musica e la danza, caratteristiche essenziali dell’emisfero dionisiaco, li ha tacciati nei secoli di essere lascivi, indolenti e pagani.

E non è un caso che a gestire molti dei luna park e dei circhi al mondo - con tutte le loro luci, giostre e giochi siano stati proprio loro - come a ricordarci che nella ripetizione del quotidiano e nel grigiore delle città, ci sia ancora la possibilità dell’esperire, che si sia già adulti od ancora fanciulli, il colorato, il magico e l’euforia.

Oggi la campagna razzista nei loro confronti è condotta in nome della loro alimentata reputazione di “ladri”. Ma forse questo punto meriterebbe una riflessione più approfondita. Occorre considerare infatti che i Rom, in quanto popolo originariamente nomade, si fa portatore di una concezione personale del diritto, mentre gli Stati ne hanno una di tipo territoriale.

Ora, come ricorda sempre Fabio Massimo Nicosia, quando un ordinamento giuridico costituito su base personale entra in contatto con uno costituito su base territoriale, si crea inevitabilmente un conflitto, che deve trovare soluzione in qualche sede non unilaterale. Ad esempio, nel medioevo, in certe zone del nord Italia convivevano diritto di matrice longobarda e diritto di derivazione romana, e quando i portatori dei diversi ordinamenti entravano in conflitto, si individuava una soluzione terza di arbitrato.

Non è certo questo il nostro approccio nei loro confronti, dato che gli atteggiamenti razzistici sono ancora oggi troppo radicati. E però, a rifletterci bene, poche etnie o nazionalità possono vantare, e gli italiani men che mai, essendo un popolo bastardo (“ma i bastardi sono forti e intelligenti” affermava l’inesauribile Zampanò Marco Pannella parlando di sé, avendo genitori di nazionalità diverse), una purezza di “razza” come l’etnia rom in quanto quest’ultima è una delle culture più endogamiche che esistano al mondo, se si escludono le popolazioni tribali;  il vecchio  Adolph potrebbe anche tarantolarsi nella tomba ad udir ciò, dato che parlava di razza ariana e pura, ma il Führer era basso, scuro e con i baffetti.

Forse che ad essere razzisti dovrebbero essere proprio gli “zingari”? Ebbene non avrebbero tutti i torti, considerata anche l’ignoranza di molti nostri concittadini. Tutto il mio rispetto quindi per un popolo gitano e musicale - di cui ammiro l’eleganza trasandata nel vestirsi (altro che le felpe trash del Sottovuoto Spinto), le Mercedes malandate, il luccichio dei loro denti d’oro, il loro essere musicisti senza prosopopea, la profonda e smaliziata innocenza degli occhi dei loro figli -  un popolo che ha fondato, parafrasando il grande filosofo anarchico individualista Max Stirner, “la sua casa su nulla”.


1 commento:

  1. Un articolo ben fatto, se dovessi dare un giudizio da ROM, farei i complimenti all'autore per: il fascino che suscita nei confronti della cultura ROM ,i complimenti per una scrittura piena di stima per la cultura rom, quasi ne facesse parte, questo se fossi ROM ma come dice l'autore sono un sedentario e italiano conferma avuta dai racconti dei bisnonni, a parer mio Salvino fa parte di un sistema atto a smantellare la nazione Italia, dove i partiti hanno funzioni dedite allo scompiglio sociale; punto bello dell'articolo è il paragone tra la razza ROM e la stupida teoria della razza ariana, portata avanti da un lider che di ariano non aveva niente ma si sa le guerre non sono fatte per le ragioni che ti insegnano a scuola e la storia viene scritta dai vincitori, gli interessi sono sempre potere e ricchezza, io sono nato, cresciuto in Italia gioiendo e soffrendo tutto di questa terra, amo la mia patria e gli italiani come i ROM amano la loro cultura e la loro gente, oggi il termine razzista viene associato solo sul piano hitleriano ma io sono per l'esaltazione delle razze delle culture, amo l'Africa, l'egitto, la Cina e voglio che ogni popolo continui a portare avanti per secoli le tradizioni e i tratti somatici della propria razza, il mondo è bello perché vario, meticciandoci si azzerano qulture, tradizioni e quant'altro, si perde quel desiderio di viaggiare e ANDARE a scoprire nuove culture, questo articolo mi fa capire quanto il mio pensare lo reputo giusto un popolo senza identità è un popolo senza futuro, spero che l'autore scriva un articolo sulla magnifica Italia, e sugli italiani che tanto amano la loro cultura come i ROM amano la propria.

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