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martedì 12 maggio 2015

Il prosumerismo per la liberazione del consumatore

di Federico Tortorelli
 
 
I consumi produttivi sono tutte quelle attività in cui il Consumatore (nel momento in cui agisce in quanto consumatore) produce consapevolmente o inconsapevolmente valori economici misurabili e importanti.
I Consumatori, la maggiore risorsa di ciascuna azienda, stanno diventando sempre più ‟produttori” di valori, non solo ‟denaro”, ma: qualità, informazioni, merci, contenuti, materiali, servizi, idee, suggerimenti utili, innovazioni e investimenti.
Il ‟consumo produttivo” ha assunto diverse forme, tra cui alcune sono: 

self-service, fai-da-te, crowdsourcing, stampa 3D, open source, wikipedia, crowdfunding, autoproduzione, autoconsumo, banche del tempo, p2p, creative commons, copia pirata, gruppi d'acquisto solidale (gas), wikileaks, giornalismo partecipativo, class action, reti del prezzo di costo reciproco, fruizioni conviviali ricreative, raccolta differenziata dei rifiuti, riusa-ripara-ricicla, flash mob, comitati di pendolari, carpooling, turisti produttori wwoof, auto-aiuto anche reciproco,    
accanto alle antiche forme di consumo produttivo ne sorgono parecchie di nuove, quasi tutte grazie a internet.

Dal punto di vista prosumerista i Consumatori sono la maggiore risorsa (sfruttata, manipolata, maltrattata, inerme, disorganizzata, eteronoma, subordinata, ingannata, schedata, inconsapevole, ignorata, perculata, sprecata) di ciascuna azienda, eppure incarnano il senso e la ragione dell'esistenza stessa dell'economia reale.
I Consumatori hanno già pagato nei prezzi tutto l'esistente dell'economia ovunque, in ogni settore, comparto e Paese (inclusi i costi fissi e variabili, i costi non necessari, i profitti, i costi non necessari aggiuntivi dovuti ai profitti, il marketing ostile ai consumatori, le perdite, i patrimoni, gli investimenti, gli stipendi, le imposte, i capitali iniziali, fissi, circolanti, netti, marginali, gli impianti, gli aumenti di capitale, gli immobili, i derivati, le esternalità sia positive, sia negative, i costi reali del signoraggio di emissione, le spese in conto capitale e le spese correnti, gli interessi, le opere improduttive, più gli sprechi e le opere distrutte), da generazioni. I Consumatori pagano tutte le tasse e tutta la spesa pubblica (sprechi, costi delle mille forme di protezionismo dei privilegi capitalistici nazionali o sovranazionali a danno dei Consumatori stessi, caos burocratico statalista, paralisi, corruzione di rilevanza penale, corruzione di rilevanza sociale, altissimi costi dell'Alta Burocrazia detta ‟tecnocrazia”, debiti sovrani, pensioni d'oro, falsi investimenti, ecc.), direttamente o indirettamente (tutto ricaricato nei prezzi fino al consumatore finale pagante).
Le imprese produttrici dei migliori prodotti sono state sempre quelle fondate dagli inventori-consumatori che hanno concepito e realizzato invenzioni a proprio uso e consumo, poi rivelatesi quasi sempre utilissime per molti altri, se prodotte in serie.
Internet sta cominciando a rendere produttivi persino i “free riders” (gli utilizzatori di beni od esternalità altrui del tutto o in parte “a sbafo”), consapevoli o no di essere produttori di dati e contenuti gratis a favore dei colossi del web.
Qualora un'impresa si avvalesse di una direzione prosumeristica, probabilmente rinuncerebbe alla maggior parte dei profitti, ma acquisirebbe risorse motivazionali e produttive senza precedenti.   

Se un marxista conoscesse il prosumerismo, direbbe che nel mondo diviso tra le due classi: sfruttati e sfruttatori, i Consumatori, sfruttati in quanto consumatori paganti, sarebbero la vera grande Classe di sfruttati, che ha l'esperienza quotidiana dello sfruttamento (nel plusprezzo superiore al costo, prezzo equo, ecc.) e della violenza sul bisogno e sull'urgenza, fino all'assuefazione a tale quotidianità alienante, e che ovviamente, poiché anche gli sfruttatori sono consumatori di qualcosa, ciò che li distingue dai Consumatori sfruttati è il saldo (positivo anziché negativo) di violenze sul bisogno fatte o subite complessivamente, espresse in denaro o in tempo così estorti. Malgrado K.Marx detestasse i Consumatori, un Bertinotti direbbe che allora la Classe degli Sfruttati è composta non solo dagli operai ed altri lavoratori dipendenti non dirigenti, ma anche da: pensionati (non d'oro, sotto i 20mila euro netti annui), casalinghe, disoccupati, studenti, immigrati, tutti pronti ad identificarsi collettivamente come Consumatori Sfruttati, ancorché disorganizzati, disuniti e addirittura inconsapevoli della propria Classe e perciò della propria forza collettiva in ogni Paese, Cina compresa: un immenso potenziale mai identificato e perciò mai sviluppato, zero.       

Se un anarcocapitalista conoscesse il prosumerismo, direbbe (storcendo il naso) che è quasi la stessa cosa che stanno ripetendo gli anarcocapitalisti, senza successo, ma troppo dal punto di vista dei poveri, troppo poco elitario, con qualche perplessità sull'azzeramento del profitto in caso di liberismo perfetto, e con il forte scandalo dell'identificazione del capitalismo come una delle facce dello statalismo, capitalismo nemico mortale del liberismo, come ci hanno insegnato Josiah Warren, Salvemini e Benjamin Tucker.   

È emblematica l'inversione orwelliana dei significati di “lavorare” e “consumare”, che originariamente significavano rispettivamente: “logorare” e “con+sommare”.   
Forse è a causa di questa inversione che il termine “prosumer”, “pro(active) (con)sumer”, fu coniato dal saggista Alvin Toffler all'inizio degli anni '70 (in “Future Shock”).         

Il prosumerismo si distingue dal “consumerismo” (ossia la cultura e l'azione di difesa dei diritti più elementari degli Utenti-Consumatori), e lo supera perché vi aggiunge l'importanza di almeno sei questioni:      
1 – la grande e crescente produttività degli Utenti-Consumatori in quanto tali;   
2 – l'origine strutturale universale della sistemica violenza sul bisogno (sfruttamento estorsivo, sia statalistico, sia capitalistico) nei “plusprezzi” (prezzi superiori al costo) e la conseguente necessaria rifondazione da zero dell'analisi del conflitto di classe e delle inedite alternative di sistema;
3 – il merito morale che gli Utenti-Consumatori debbano dirigere le produzioni rispettivamente da essi stessi più che interamente pagata,     
4 – la grande convenienza sociale generale (e 5 – in particolare dell'organizzazione produttiva, sia per l'aumento di produttività, sia 6 – per il forte miglioramento delle condizioni motivazionali dei lavoratori all'origine di parte dell'aumento della produttività) che ciò accada, e 7 – perciò l'identificazione e incarnazione organica dell'interesse generale nell'interesse degli Utenti‑Consumatori, 8 – a ulteriore conferma del concetto per cui ogni attività economica ha senso solo se alla fine serve l'Utente-Consumatore;  
9 – la concretizzazione dei principi finora retorici, traditi e astratti di “meritocrazia”, di “sovranità del Consumatore”, ben auspicata da Bruno Leoni, di “fine dell'oppressione e dello sfruttamento dell'individuo sull'individuo”, di “dignità umana della lavoratrice e del lavoratore”, di “libertà economica” e di “economia al servizio degli individui e non viceversa”.               
10 – il possibile ritorno del liberismo alle proprie antiche origini di sinistra liberale classica, come radicale libertà di scambio a favore degli sfruttati, anziché come privilegio degli sfruttatori (il cosiddetto ‟neoliberismo”, quello difeso dai governi conservatori), e 11 – l'evoluzione della ‟teoria liberale della lotta di Classe” di Luigi De Marchi (il capitalismo privato puro non esiste, è pseudoprivato).
Il prosumerismo ha un proprio programma sulle politiche d'impresa, valido per ogni Paese, tra i cui punti principali ci sono: compatibilità universale, user friendly, estrema personalizzabilità, vero rispetto per la privacy, alta qualità di massa, pubblicità solo su richiesta, CdA dei consumatori paganti, trasparenza gestionale e ambientale, e infine: rispetto, gratitudine, ascolto e promozione per i lavoratori.
I tre tipi di attivismo prosumerista: globale specializzato sul prodotto, generalista locale sul territorio, e per lo sviluppo del prezzo di costo trasparente e delle altre reciprocità.
- prosumerismo specializzato di nicchia in rete per ciascun prodotto merceologico esistente o da inventare, globalmente: consumatori amatoriali, collaudatori, geniali innovatori per passione, crowdsourcing, consumatori-investitori.
- prosumerismo sul territorio, oltre i gruppi d'acquisto solidale, oltre i distretti di economia solidale, per l'autodeterminazione consumerista di ogni utenza e consumo (incluso l'ambiente) nel territorio, ma nella completa libertà di ogni individuo: comitati per minimarket autogestiti dai liberi consumatori paganti con notevoli miglioramenti, comitati di utenze locali acqua-luce-gas-tlc, di autogestione della pendolarità, di autodifesa ambientale, informazione, discussione, coesione e forza sociale localissima, ovviamente ognuno deve essere libero di scegliere quali minimarket frequentare, beneficiare e influenzare.
- prosumerismo radicalizzato per sviluppare le sinergie, la rete mondiale del prezzo di costo trasparente reciproco, la libertà di comunicare e le altre forme di crescente autogovernabilità tra individui pienamente liberi.

Il referendum-truffa italiano del 2009, erroneamente noto come "sull'acqua" (in realtà su ogni monopolio burocratico locale (pseudonaturale o strutturale) delle municipalizzate ostili agli Utenti-Consumatori paganti) ha escluso la possibilità di scelta di autogestione privata non-profit dei Consumatori paganti, come singoli, come condomini, e comunque soprattutto come Consigli degli Utenti-Consumatori paganti, anziché come sudditi della Classe Burocratica, insipiente, avida e sprecona, sia pseudopubblica, sia pseudoprivata. Urge rimediare e privatizzare in senso prosumeristico (“ultimo miglio”, “neutralità”, standard consumeristi su tutto, ecc.) ogni tipo di conduttura e di servizio. Quasi tutti gli Utenti-Consumatori paganti hanno già pagato il valore patrimoniale delle aziende pubbliche.
 


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