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sabato 18 aprile 2015

Breve spunto da Bruno Leoni

di Fabio Massimo Nicosia

Forse non tutti sanno che Bruno Leoni, in gioventù, fu marxista. Racconta nel suo libro "Il pensiero politico moderno e contemporaneo" (Liberilibri) che, da ragazzo, bigiava la scuola per andare in biblioteca a leggere “Il Capitale”, e che il marxismo gli restò attaccato pur dopo l’università.

In realtà non diremmo che non vi siano discendenze marxiste anche nel Bruno Leoni maturo, dato che la sua dottrina del diritto come scambio di pretese non fa che spostare la lotta di classe sul piano dell’individualismo metodologico.
Lo scambio di pretese misura i rapporti di forza tra gli individui, e quindi anche tra le infinite classi esistenti.
Ma c’è un punto specifico sul quale Leoni dichiara di distaccarsi di più dal marxismo, ed è l’irrompere della teoria marginalista del valore a devastazione di quella del valore-lavoro. Per Marx, il lavoro produce direttamente il valore di scambio del bene, mentre l’aggiornata dottrina dice che il prezzo lo fa il mercato, sulla base del rapporto di forza tra domanda e offerta, aggiungiamo noi.
Per Leoni, il lavoro misura al più il valore d’uso, perché il valore del lavoro di produzione di una sedia non è altro che la comodità di sedere sulla sedia, non ancora di venderla a un dato prezzo.
Giustissimo. Noi soggiungiamo che, in alcuni casi, il lavoro non produce nemmeno valore d’uso, se il bene è realizzato male. Però può avere valore di scambio se si trova un amatore.

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