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domenica 5 marzo 2023

Discutendo su Tik Tok dell'esistenza di Dio

 di Fabio Massimo Nicosia

Pensavo a quelli su Tik Tok che discutono all'infinito su se esiste Dio, se uno che crede in Dio deve dimostrare che esiste, sull'onere della prova, etc.
Mi sto svincolando da questo genere di discorsi, che sono tutti profondamente fallaci.
E invero:

a) Si discute dell'esistenza di Dio, ma Dio non viene definito: quindi si sta discutendo dell'esistenza di che cosa, esattamente?

giovedì 2 febbraio 2023

Libertà progressista e libertà delle persone comuni

 di Fabio Massimo Nicosia

Bertrand Russell diceva che speranza nutrita in generale dall’idea liberale era di superare per sempre un giorno la sfera politica e del potere, se, con Schmitt, “politica” è antagonismo di amici contro nemici, e allora, in tal modo, l’ideale liberale sarebbe irenico, come lo era il pacifismo di Russell in generale, ma un tale “liberalismo”, in realtà, è solo una variante dell’anarchismo inteso come utopistica pacificazione degli animi. La verità storica è invece un’altra, ossia che, a differenza che nel modello anarchico di libertà, in quello liberale, il quale pragmaticamente, ma autolesionisticamente, non fa a meno dell’idea di Stato, la libertà è intesa come un gioco a somma zero escludente, i diritti non sono diritti di libertà, ma diritti hohfeldiani, e quindi tentativi di imposizione di obblighi in capo agli altri, e quindi ancora quasi sempre privilegi che richiedono protezione dallo Stato, in nome del consueto stolido motto, per il quale, come detto, “la tua libertà finisce dove inizia la mia”, nel quale l’accento non è sulla parola “libertà”, ma sul termine “finisce”, sicché, in definitiva, il “liberale” è colui il quale si rivolge allo Stato, affinché questo gli garantisca un privilegio, sopprimendo o limitando all’uopo la libertà altrui.

Le vere ragioni dell’abolizione del contante

 

di Fabio Massimo Nicosia

 Quando vi dicono che il sistema di oggi, e più ancora di domani, non ha nulla a che vedere con le dittature del passato, e che quindi ogni paragone è fuori luogo, rispondete che ormai è cambiato il paradigma del totalitarismo e dell’oppressione, e che da tempo siamo passati da George Orwell ad Aldous Huxley: vale a dire dall’oppressione aperta e dichiarata, a un “mondo nuovo” in cui tutti sono oppressi, ma sono anche felici di esserlo, dato che il sistema della propaganda è talmente efficace da riuscire a convincere tutti della bontà di certe imposizioni, che cessano di essere percepite come tali.

mercoledì 25 gennaio 2023

Per una critica di tipo diverso al "debito pubblico"

di Fabio Massimo Nicosia 


Quasi tutti quelli che dicono di battersi contro il debito pubblico lo fanno in modo totalmente mainstream, ossia accettando il paradigma di base, non uscendo dalla cornice data, ossia trattando del debito pubblico come se fosse quasi un dato di natura, mentre si tratta di una questione di diritto positivo, o una questione che discende da scelte di diritto positivo, che poi sono scelte politiche.

Ritengo quindi questo approccio totalmente non scientifico, dato che un approccio scientifico si interrogherebbe anzitutto sulla cornice e sul paradigma, non dico negandoli, ma almeno mettendoli in discussione, e invece il paradigma è assunto come dato e si ragiona sempre al suo interno.
Purtroppo, questo non capita solo agli pseudo-economisti a cui ad esempio fa riferimento +Europa (Fornero, Cottarelli, De Romanis), ma anche ai miei amici libertarian, che considerano primaria la lotta al debito pubblico credendo di fare dell'antistatalismo, mentre, senza accorgersene, salvaguardando il paradigma (dato che anche loro ragionano di debito pubblico senza mettere in discussione il concetto, cosa che parrebbe loro da MMT), fanno un discorso statalista sotto vari profili: compreso il fatto che poi, all'atto pratico, come notò già Antonio Martino, la "lotta al debito pubblico" finisce solo con il comportare più tasse, in quanto, com'è noto, strumento di garanzia per i creditori dello Stato: il creditore dello Stato è ben contento se vengono aumentate le tasse, dato che le tasse sono esattamente ciò su cui egli fa affidamento per vedere ripagato il proprio credito.

Io invece da anni adotto una diversa prospettiva: ossia mi sono convinto che indebitarsi, per uno Stato privo di sovranità monetaria, è semplicemente il suo modo per emettere moneta: modo indiretto, dato che deve acquistare la moneta sul mercato, e non diretto, dato che non può emetterla direttamente, ma si tratta nella sostanza di questo: l'indebitamento è lo strumento di mediazione tra lo Stato e l'emissione monetaria di cui ha bisogno.

In questa chiave, ossia, se si fa propria questa chiave, emerge subito che privare uno Stato di sovranità monetaria per costringerlo all'indebitamento è una perfetta idiozia: sia per il fatto che ciò implica all'atto pratico incremento di tassazione (in realtà, teoricamente, uno Stato dotato di sovranità monetaria non avrebbe bisogno di tassare, se non in funzione della redistribuzione del reddito, ma non perché ne abbia effettivo bisogno), sia perché, se uno Stato ha bisogno di 100, indebitandosi deve pagare gli interessi al sistema prevalentemente bancario, e quindi per disporre di 100 non potrà emettere 100, ma dovrà comprare 100 al prezzo di 100+x di interessi: e infatti ormai abbiamo accumulato tanti di quegli interessi da pagare, a riprova dell'idiozia del sistema, che siamo stati molti anni in avanzo primario, ossia abbiamo pagato più tasse rispetto a quanto abbiamo ricevuto di teorici servizi, dato che paghiamo molte tasse, non per avere qualcosa in cambio, ma per pagare interessi al sistema (soprattutto bancario).

Ora, so bene che vien detto che lo Stato viene privato della sovranità monetaria per porre il famoso "vincolo esterno" alla classe politica, la quale, come insegnano liberali, liberisti, neo-liberali e neo-liberisti, sarebbe per definizione scialacquona.

Senonché costoro non si chiedono se il rimedio non finisca con l'essere peggiore del male, o quanto meno se non si tratti di rimedio SPROPORZIONATO.

Accade infatti questo:

a) Se si ritiene che la classe politica spenda troppo rispetto a quanto dovrebbe, nessuno pensa a elaborare criteri liberali e da stato di diritto su come si potrebbe limitare la spesa, ancorandola a determinati parametri;

b) Eppure né Bonino, né Cottarelli, ne le altre nominate propongono di sottrarre la sovranità poliziesca allo Stato perché la polizia eccede, o la sovranità giudiziaria allo Stato perché la magistratura fa cagare, o la sovranità carceraria allo Stato perché le carceri sono lager e così via: chissà perché questo scrupolo, ossia di gettare il bambino con l'acqua sporca, vale solo per la sovranità monetaria;

c) Trasferire il potere, perché è un potere sovrano o autoritario in senso lato, di emettere moneta, alla banca centrale INDIPENDENTE come da lezione ordoliberale, o al sistema bancario, è antidemocratico, dato che il sistema democratico potrebbe controllare come la politica emette moneta, mentre gli è precluso farlo nei confronti della banca centrale e del sistema bancario; non si dica che così si è affidata la moneta al mercato, dato che la BCE non è nel mercato e il sistema bancario è oligopolistico e chiuso;

d) Si ottiene anche l'assurdo esito di trasferire la titolarità, la proprietà della moneta, dal sistema democratico (Auriti diceva; "il popolo") alla banca centrale. Ma se io istituisco un'autorità indipendente dalla politica sui monumenti, le attribuisco il potere tecnico di gestire i monumenti, NON LE ATTRIBUISCO LA PROPRIETA' DEI MONUMENTI. Se istituisco un'autorità indipendente in materia urbanistica, NON LE ATTRIBUISCO LA PROPRIETA' DI TUTTO IL SUOLO, ma solo la sua gestione.
Quindi tutto tale meccanismo ha solo la finalità di attribuire il monopolio SIA DELLA GESTIONE, SIA DELLA TITOLARITA' della moneta ai grandi banchieri, con l'avallo dei "liberali" rimasti a un po' troppi decenni fa.
Il che non significa che io stia sottovalutando la questione del debito pubblico, che anzi, proprio per le ragioni appena indicate, sarebbe a mio avviso in buona parte da RIPUDIARE in quanto odioso e detestabile: solo che noto che l'istituto stesso del debito pubblico -istituto da abolire, alla luce di quanto sopra- diviene strumento di RICATTO.
Avete notato che la UE, dopo avere AUTORIZZATO il debito (da me respinto) per quello che si chiamava Recovery Fund, poi ha mandato avanti la Lagarde e l'altro cazzone di Rutte a dire che ABBIAMO TROPPO DEBITO CHE VA CONTROLLATO? Ce l'hanno fatto fare loro in buona fetta negli ultimi due anni.
Intanto io rifiuto PNRR e Mes, quindi poi alla fine chi propone di salvaguardarci dal debito del ricatto sono io, e non +Europa (che ha smesso di parlare di debito pubblico il giorno dopo che la UE ha autorizzato il debito per il Recovery Fund).

lunedì 23 gennaio 2023

La dissoluzione della cultura radicale dal "Preambolo allo statuto" del 1980 a oggi

 di Fabio Massimo Nicosia

Defunto politicamente, anche se non statutariamente, il PR degli anni ’70, quello dei “diritti civili”, nasce tra il 1979 e il 1980 un altro PR dalla fisionomia molto meno precisa e tutta da costruire, fondata su diritto e giustizia, tendenzialmente nella direzione dei “diritti umani”, ossia qualcosa di alquanto diverso rispetto ai “diritti civili” della fase antecedente.

sabato 12 novembre 2022

“Socialismo sentimentale” tra libertarismo e marxismo

 di Fabio Massimo Nicosia

 

Sono sempre stato restio, nei miei lavori, a utilizzare il termine “socialismo” per definire le mie proposte; anzi, credo di non averlo fatto mai, pur quando le proposte fossero particolarmente spinte, o pur quando citavo autori del mondo socialista, in particolare pre-marxiano o anarchico; e non l’ho fatto, sia perché considero il termine poco tecnico, sia perché per molti esso è evocativo di scenari illiberali, e non era mia intenzione aprire un fronte di polemica lessicale con questo tipo di lettori.

mercoledì 29 giugno 2022

Banda della Magliana, stato di natura hobbeseano, idiocrazia

 di Fabio Massimo Nicosia

Per Sorel in Marx emerge una figura di capitalista guerriero, conquistatore insaziabile -modello, gli Stati Uniti più che la vecchia Inghilterra-, ma è esattamente questa indomabilità del “capitano di industria” a consentire di essere fronteggiata da un proletariato virile, e non ammosciato dai riformisti e dai democratici, oltre che dai preti di ogni colore, in quello che Sorel definisce un “ideale di mediocrità conservatrice”, il quale conduce uno acto alla “rovina simultanea dello spirito capitalistico e dello spirito rivoluzionario”, e qui sembra di vedere echeggiato il migliore Gobetti, giacché qui non vediamo all’opera solo un fiacco “riformismo socialista”, ma altresì un non meno svirilizzato timore della borghesia, la quale viene quindi indotta a delle rinunce di potere fondate esclusivamente sulla paura, e sulla sollecitazione dei politici e dei sindacalisti a “cedere” alla più banali rivendicazioni operaie, di tal che il deputato riformista e il sindacalista possano pascere nella loro mediocre carriera di parassita. Marx, sottolinea Sorel, “supponeva che la borghesia non avesse bisogno di essere eccitata all’esercizio della propria forza”, ma non aveva fatto i conti con il fatto che la borghesia di fine ottocento e primo novecento, al contrario, avrebbe favorito per miopia l’approvazione di tutta una legislazione -ecco la sottovalutazione della politica da parte di Marx- che cerca di attenuare esattamente l’esercizio della forza da parte propria, sempre per timore e paura di qualcosa, in modo tale da minare la previsione marxiana che la rivoluzione sarebbe giunta a colpire al cuore il capitalismo mentre questo fosse ancora pienamente vitale.